Le "telecom" britanniche BT e Talk Talk si sono viste respingere l'appello con cui avevano contestato la conformità del Digital Economy Act ai principi sanciti dalle leggi europee. Il testo di legge redatto dal governo inglese impone agli Internet service provider di intervenire a mezzo di diffida contro le violazioni di copyright in rete arrivando a sospendere l'accesso agli utenti recidivi: ciò che, secondo i due ISP, comporterebbe una ingiustificata violazione della privacy dei cittadini addossando oneri eccessivi ai gestori delle reti di comunicazione. Il giudice non è stato dello stesso avviso, ma mentre un portavoce di BT ha commentato prudentemente la sentenza spiegando che la società "valuterà con attenzione il giudizio per comprenderne le implicazioni e considerare le prossime mosse", Talk Talk ha già dichiarato l'intenzione di "continuare a combattere per difendere i diritti dei nostri consumatori contro una legislazione sconsiderata". Proprio nelle stesse ore, tuttavia, le due società hanno dovuto far fronte alla pubblicità negativa indotta da un'inchiesta del Daily Mail che avrebbe svelato un loro atteggiamento quanto meno condiscendente, se non apertamente favorevole, nei confronti di chi esercita il file sharing illegale. Contattati da sedicenti clienti (in realtà giornalisti e operatori di "mystery shopping") e richiesti di un consiglio su quali fossero i migliori servizi disponibili per utilizzare piattaforme come isoHunt e The Pirate Bay, gli operatori del customer service delle due società si sarebbero guardati bene dall'avvertire i presunti clienti dell'illiceità del file sharing, indirizzandoli anzi verso le offerte broadband più rapide, efficienti e costose per scaricare musica e film. "E' scioccante apprendere che i fornitori di banda larga danno impulso ai loro ricavi vendendo accessi broadband a clienti che intendono chiaramente violare la legge", ha commentato Geoff Taylor della British Phonographic Industry (BPI) mentre Richard Mollett, amministratore delegato della Publishers Association, ha osservato che "è molto inquietante, anche se non sorprendente, scoprire che proprio le due società che contestano il Digital Economy Act istighino i potenziali consumatori a infrangere i copyright". Mentre Talk Talk ha replicato di "incoraggiare tutti i consumatori a usare internet responsabilmente e a osservare la legge", BT (che secondo recenti indiscrezioni sta lavorando a una propria piattaforma di musica digitale) si è difesa sostenendo che "gli operatori dei call centre non si trovano nella posizione di poter suggerire quali siti siano legali e quali no".