Dopo avere attratto investimenti da parte di pezzi grossi della finanza e del music business, dopo aver fatto parlare a lungo la stampa specializzata, dopo avere incuriosito e anche turbato gli addetti ai lavori che mettevano in dubbio la legittimità del suo operato senza autorizzazioni, Turntable.fm ha finalmente messo mano all'ultima tessera del mosaico: gli accordi di licenza con tutte e quattro le major discografiche. L'annuncio ufficiale è arrivato per bocca dei cofondatori Billy Chasen e Seth Goldstein durante un panel che gli organizzatori del South By Southwest (SXSW) di Austin hanno dedicato alla loro impresa. "Quando l'abbiamo lanciata per noi era tutto nuovo, dal momento che non proveniamo dall'industria musicale", ha spiegato Goldstein a Billboard.biz. "Il nostro modello è unico", ha aggiunto a proposito del servizio che crea gruppi di ascolto virtuali allestendo "stanze musicali" in cui si incontrano, ognuno identificato da un avatar, "dj" e semplici ascoltatori. "Non siamo una Internet radio e neanche un servizio on-demand, abbiamo alcuni aspetti interessanti che richiedono di pensare in modo non tradizionale. Le case discografiche ci hanno riservato un sacco di tempo e di attenzione, anche se in relazione alla loro base utenti e nel quadro generale delle cose noi siamo un'impresa minuscola". Turntable.fm ha debuttato in rete a fine giugno 2011, e il mese successivo (dati comScore) ha registrato quello che resta finora il suo picco di traffico con 207 mila visitatori unici, poca cosa rispetto ai milioni di utenti di Spotify o Pandora; lo scorso febbraio il numero di visitatori (in crescita rispetto ai mesi precedenti) ha toccato quota 176 mila visitatori, esclusi coloro che accedono al servizio attraverso lo smartphone (in settembre la società ha lanciato un'applicazione per iPhone). La società ha iniziato nel frattempo a chiudere accordi pubblicitari e di sponsorizzazioni con aziende come Pepsi e Intel, coinvolte in iniziative e contest speciali preparati appositamente per il SXSW. Ma ora è il turno delle case discografiche: per Stephen Bryan (Warner Music), Turntable.fm può diventare "una sorta di imbuto per attrarre nello spazio digitale consumatori più pigri e distratti", Mark Piibe (EMI) sottolinea il valore potenziale di una piattaforma "di tipo partecipativo, in cui i dj cambiano continuamente", invece di un semplice "programma basato su algoritmi in cui si ascolta un unico dj condurre un canale di un'emittente radiofonica". E Bill Campbell di Universal si spinge a immaginare che siano gli artisti stessi a creare dei propri avatar per diffondere la loro musica in rete: "In occasione di un tour, potrebbero ad esempio programmare una data virtuale chiedendo ai fan di unirsi a loro. Cominciando a trasformare i processi di scoperta musicale in un gioco si comincia davvero a capire che cosa significhino la lealtà dei fan e il social engagement".