Negli States si stanno muovendo i primi passi per un riordino più equo dei contratti discografici a lungo termine. A portare a conoscenza del grande pubblico il problema, che secondo alcuni riduce gli artisti “quasi in schiavitù”, fu Courtney Love. Nel gennaio 2000 la vedova Cobain venne denunciata dalla sua etichetta, la Universal, per inadempimenti contrattuali; il mese successivo fu lei a denunciare la Universal, affermando che le major del disco obbligano gli artisti a firmare contratti iniqui. Ora il senatore californiano Kevin Murray ha programmato, nel corso delle prossime settimane, una serie di incontri che vertono proprio sui contratti. Il senatore ha affermato che “chiaramente, gli artisti stanno da una parte e le etichette dall’altra, ma sospetto che ci si possa incontrare a metà strada”. Il codice del lavoro californiano, risalente a 56 anni fa, stabilisce che i lavoratori non possano essere trattenuti oltre il settimo anno, ma nel ’97 le etichette discografiche hanno ottenuto un emendamento che si riferisce proprio agli artisti e che in pratica li obbliga a registrare dischi anche dopo la scadenza del settimo anno.