L’Ufficio Copyright americano invita i legislatori statunitensi a correggere in senso meno restrittivo le norme che tutelano il diritto d’autore, consentendo a chi acquista legalmente musica, film o altro materiale in formato digitale di realizzare copie di archivio per scopi strettamente personali (ad esempio per prevenire l’eventuale distruzione dei file), purché queste ultime non vengano vendute o scambiate con terzi. <br> L’organo federale, che ha appena pubblicato uno studio finalizzato alla revisione della legge americana sul diritto d’autore (il cosiddetto Digital Millennium Copyright Act del 1998) è invece contrario a un’estensione per analogia, in ambito digitale, delle norme che consentono a chi acquista legalmente una copia materiale di un’opera di regalarla o rivenderla a terzi: l’analogia sarebbe resa impossibile dal fatto che mentre le copie di un supporto fisico in possesso di un singolo utente sono in numero limitato e facilmente deteriorabili, le copie di un’opera digitale possono al contrario essere infinite e venire distribuite in tempo reale, a costi bassissimi e senza perdita di qualità. L’Ufficio è intervenuto anche sulla questione delle copie “tecniche” temporanee effettuate dagli operatori di rete che distribuiscono musica digitale, sostenendo che si tratta di operazioni prive di rilevanza economico-commerciale e per cui non è giusto pagare un’ulteriore royalty ai titolari dei diritti, così come sostengono invece le associazioni dell’industria cinematografica e musicale. <br> L’orientamento espresso dall’Ufficio Copyright in tema di uso consentito delle copie digitali è analogo, a grandi linee, a quello espresso dal Music Online Competition Act, un progetto di legge promosso dal deputato repubblicano dello Utah Chris Cannon e dal deputato democratico della Virginia Rick Boucher. Le indicazioni espresse dall’ente americano verranno ora vagliate dal Congresso degli Stati Uniti.