C'è stato un tempo in cui i musicisti giudicavano quasi sconveniente comporre musica per la pubblicità o concedere una canzone per uno spot, attività indubbiamente remunerative ma ritenute potenzialmente lesive dell'immagine e dell'integrità artistica. Le cose sono cambiate: comparendo a sorpresa qualche anno fa in un "promo" della griffe di biancheria intima femminile Victoria's Secret e autorizzando l'uso di "Blowin' in the wind" per il filmato pubblicitario di un supermarket inglese, Bob Dylan ha infranto un altro tabù. E anche se illustri colleghi come Bruce Springsteen, Neil Young o Tom Waits resistono stoicamente, la pubblicità televisiva viene oggi generalmente percepita come un revenue stream alternativo con grande potenziale di crescita per l'intera industria discografica (2 per cento del fatturato mondiale del settore nel 2011, secondo gli ultimi dati diffusi dall'IFPI). Nonché come una importante vetrina promozionale, una piattaforma di lancio per talenti emergenti o dimenticati, ora che i format radiofonici sono irrigiditi sulla ripetizione ossessiva dei grandi successi e Internet è un oceano tempestoso da cui è difficile emergere (eclatanti, negli ultimi anni, gli exploit del defunto Nick Drake con uno spot Volkswagen e di Feist con un "commercial" della Apple). C'è poi chi, anche in Italia, sul binomio musica/pubblicità ci ha costruito una carriera. Franco Godi, per esempio, il "mr. jingle" per antonomasia celebre anche per avere lanciato gli Articolo 31. E il suo allievo Ferdinando Arnò, cinquantaduenne salentino dal talento versatile, diplomato in improvvisazione jazz al prestigioso Berklee College of Music di Boston, pianista e performer (si è esibito di recente al Blue Note di Milano), produttore artistico (Malika Ayane, Jessica Brando), autore di colonne sonore per la tv e il cinema ("A Time for dancing" di Peter Gilbert, "Generazione mille euro", "Letters to Juliet", "La prima cosa bella" di Paolo Virzì). Un musicista “scomponibile”, come lui stesso si definisce mutuando un'espressione cara a Bruno Lauzi, un artista multitasking che della "advertising music" ha fatto la sua occupazione principale lanciando nel 1999 un'agenzia il cui nome, "quiet, please", corrisponde al suo carattere schivo e alla sua indole quieta. "E' stato il mio amico Pino Rozzi, direttore creativo ed esecutivo della 1861 United, a coniarlo", ricorda. Da allora ha lavorato su oltre mille campagne pubblicitarie, scrivendo brani originali (il "Gran soleil" della Ferrero, il divertente rap "Ga el Suv" per la Skoda Yeti), riarrangiando pezzi famosi ("Sunny" per Mulino Bianco, "Here comes the sun" di George Harrison per Allianz), "sincronizzando" - come si dice in gergo - artisti celeberrimi (Keith Jarrett) ed emergenti prima che diventassero famosi (Adele, Goldfrapp, Giovanni Allevi, la stessa Malika). Un lavoro impegnativo, da cui Arnò non si sente affatto sminuito. "Ai tempi di Carosello", ricorda, "la musica per la pubblicità coinvolgeva grossi nomi e grandi artisti. E oggi gli editori inglesi consigliano ai loro autori di dedicarsi anche a questo genere di attività. Sono convinto che anche scrivendo musica per la promozione di un prodotto si possa conservare dignità artistica: in fondo si tratta sempre di creare un mood, di sottolineare un'emozione. La differenza è che lo si fa in 30 secondi, in formato bonsai". Sono cambiati, nel tempo, i brief , la mentalità, le richieste dei committenti? "Non più di tanto. Ho avuto il privilegio di lavorare con ottimi direttori creativi. Nel mondo della pubblicità esistono persone dotate di grande idee, di creatività, spesso anche di grande conoscenza musicale. I loro suggerimenti sono stati per me sempre di grande aiuto". Arnò si trova a suo agio tanto con le creazioni originali che con i rifacimenti. "Mi piace ricreare vecchie atmosfere, il pop degli anni Sessanta per me è la nuova musica classica, è come reinterpretare Bach. Ho appena riarrangiato 'Nel blu dipinto di blu' di Domenico Modugno affidandone l'interpretazione vocale a Jessica Brando. Ma il 60-70 per cento del mio lavoro consiste nel creare musiche originali: per Vodafone, ad esempio, ho appena composto una nuova canzone, 'Your story', cantata da una teenager di nome Dede". Ad accompagnarla i Common Mama, il gruppo contraddistinto dalla bella voce soul del busker inglese Jon Kenzie che Arnò ha lanciato con una canzone, "A new kind of something", che dopo avere accompagnato uno spot per il nuovo tablet Acer sta suscitando interesse sul mercato internazionale. "Ci hanno richiesti per uno showcase alla BBC di Londra, siamo entrati in classifica nelle radio tedesche e soprattutto la EMI brasiliana ci ha proposto un contratto discografico. Speriamo ne nasca qualcosa di duraturo". "Quel pezzo l'ho composto ispirandomi a Cat Stevens e alla scena finale di 'Harold e Maude' di Hal Hashby", racconta. "Jon l'ho sentito cantare nella metropolitana di Londra e l'ho trovato straordinario. Ha una voce alla Paolo Nutini, da crooner hippy. Mi ha ispirato a scrivere canzoni apposta per lui". E a rimettersi in moto anche come discografico e talent scout, attraverso l'etichetta collegata a "quiet, please": con cui Arnò ha prodotto anche l'album di debutto di Valerio Millefoglie, da lui definito "un cantante, un attore, un saltimbanco, uno scrittore". Gli spot tv non c'entrano, stavolta? "Non è musica adatta, la sua, ma un collegamento c'è. Valerio, di lavoro, fa il pubblicitario".