Ancora problemi e cattiva pubblicità per Grooveshark, la piattaforma di streaming musicale in lite con tutte le major discografiche e con alcune società di edizione musicale che la accusano di violare costantemente i copyright. Ad attaccare il servizio creato nel 2006 da tre studenti universitari della Florida è stavolta Jeff Price, amministratore delegato di TuneCore (impresa di distribuzione digitale che opera per conto di artisti indipendenti ed emergenti): sul blog della società, Price ha invitato esplicitamente la comunità musicale a boicottare "un'entità che è contro gli artisti e che ad essi non paga NULLA". Secondo Price, Grooveshark (che dà modo agli stessi utenti di caricare i brani sulla piattaforma, limitandosi a cancellare dai server quelli di cui viene specificamente richiesta la rimozione) fa uso "cosciente e volontario di una scappatoia legale per rubare agli artisti e agli autori"; "non si procura licenze e non paga gli artisti, le etichette e/o gli autori per utilizzare la musica con cui fa tonnellate di denaro". "Posso assicurarvelo", aggiunge, "il 99 % delle centinaia di migliaia di artisti TuneCore la cui musica è disponibile su Grooveshark non ha ricevuto un solo penny". Grooveshark conta oggi su 30 milioni di utenti, e attrae dunque notevoli investimenti pubblicitari: "Pensate solo", scrive l'ad di TuneCore, "a tutti i soldi che incassa vendendo spot". Le conclusioni di Price sono drastiche: "Grooveshark è un pesce marcio dalla testa ai piedi. E' gestito da gente immorale a cui non importa nulla di danneggiare qualcosa o qualcuno se si tratta di fare soldi. E dunque, cosa potete fare se le vostre registrazioni o le vostre canzoni si trovano su Grooveshark senza la vostra autorizzazione? Prima di tutto, dite ai vostri fan di NON FARNE USO. Avviate una campagna di boicottaggio su Twitter. Meglio ancora, scoprite chi fa pubblicità sul sito e telefonategli, mandategli delle e-mail o dei tweet e chiedetegli di smettere di dare dei soldi a Grooveshark".