Artisti ed etichette discografiche sono impegnati in uno spasmodico inseguimento di visualizzazioni su YouTube, amici e "mi piace" su Facebook, followers su Twitter. Eppure, secondo uno studio effettuato dall'ente di ricerche NPD Group che sta già provocando discussioni negli Stati Uniti, si tratta di fenomeni la cui efficacia promozionale è tutta da dimostrare: sarebbero ancora altri, e molto più tradizionali, i veicoli utilizzati di preferenza dagli appassionati per scoprire nuova musica e farsi eventualmente indurre ad acquistarla. In primo luogo la tradizionale radio via etere, AM ed FM, che secondo il campione intervistato da Russ Crupnick di NPD resta lo strumento principe per ascoltare musica nuova e sconosciuta. Vi ricorre, stando alle risultanze del sondaggio, il 38 per cento degli americani, mentre il 13 per cento si fida delle raccomandazioni degli amici più stretti o guarda a questo scopo gli show musicali ed eventi come i Grammy in tv, e il 12 per cento visita siti Internet e piattaforme come Vevo e YouTube; solo il 6 per cento, invece, si affida alle playlist gratuite delle radio online, e appena il 2-3 per cento si rivolge ai social media. Le cose cambiano se si chiede agli ascoltatori più assidui e di età più giovane (dai 13 ai 35 anni) che cosa potrebbe spingerli ad acquistare più musica: anche in questo caso la programmazione offerta dalla radio via etere la fa da padrona (raccogliendo oltre il 50 per cento delle risposte), ma gli aggiornamenti e gli avvisi postati su Facebook salgono alla seconda piazza con una percentuale compresa tra il 25 e il 28 per cento. Meno rilevanti, invece, risultano essere la presenza di assortimenti più ampi nei negozi di dischi e la disponibilità di strumenti di ricerca facilitata su Internet. La conclusione? Crupnick non ha dubbi, e osserva che a suo parere l'importanza attribuita dall'industria musicale ai social network risulta, al momento, "un tantino esagerata".