Applausi alla Cina, bacchettate agli Stati Uniti. L'insolito giudizio e cambio di prospettiva circa gli scenari del mercato discografico si deve a Frank Nevrkla, presidente della PPL britannica che raccoglie royalties per il pubblico utilizzo di musica registrata sul territorio nazionale e nel resto del mondo. Intervenendo al meeting annuale dell'organizzazione che si è tenuto mercoledì, 13 giugno, a Londra, Nevrkla ha speso parole di apprezzamento per gli sviluppi "eccitanti e molto incoraggianti" della situazione cinese, dove il governo si sta impegnando a rifondare su basi più solide la legislazione in materia di copyright, garantendo a case discografiche ed artisti interpreti un'adeguata remunerazione ogni volta che il loro repertorio viene trasmesso in radio, in televisione o su Internet e diffuso nei locali pubblici. "I broadcaster dovranno pagare in anticipo una licenza prima di iniziare a trasmettere materiale protetto da copyright, e questo e altri provvedimenti saranno di grande beneficio alla comunità dei detentori di diritti", ha spiegato. "Ovviamente, eviteremo di esultare fino a quando vedremo queste nuove leggi entrare finalmente in vigore". Molto diversa la situazione negli Usa, nonostante le acque siano state appena smosse dall'accordo che il colosso radiofonico Clear Channel ha siglato con la casa discografica Big Machine: lì il pagamento di royalties a etichette e artisti per la pubblica esecuzione e la trasmissione di musica via etere non è previsto dalla legge (che impone il versamento di diritti solo agli autori e agli editori delle canzoni). Da qui l'invito che Nevrkla ha rivolto all'amministrazione Obama affinché prenda provvedimenti urgenti: "Non può essere una buona cosa, per l'America, restare nell'elenco sempre più ristretti di paesi dove il copyright sconta grossi buchi di protezione, accanto a Sudan, Iran e Corea del Nord", ha detto il presidente di PPL.