Si racconta spesso, per fare paragoni impietosi con quel che succede in Italia, di quanto l'establishment politico inglese sia attento alle istanze della cultura e dell'industria musicale, così importante per la bilancia dei pagamenti britannica. Ma il presidente della locale associazione dei discografici BPI (ed ex presidente della EMI) Tony Wadsworth, una delle figure più rispettate e influenti dell'ambiente, non sembra più pensarla così: nel discorso tenuto l'altro ieri, 3 luglio, all'assemblea plenaria annuale dell'associazione, il chairman ha criticato apertamente il premier David Cameron e il suo gabinetto accusandoli di aiutare gli internet provider a "rubare la musica alle malvagie case discografiche che stanno nell'area Ovest di Londra" e invitandoli a smettere di farsi "accecare dalla luminosità degli uffici" che le "tech companies miliardarie" hanno aperto nel quartiere orientale della capitale, a Shoreditch. "Questa storia d'amore con la grande tecnologia e con le grandi telecom ha gettato un'ombra sui successi che abbiamo saputo costruire con le nostre mani, ed è giunto il tempo di riequilibrare la situazione. Dopo tutto, il settore creativo è il terzo maggior esportatore del Regno Unito". "Nel momento in cui facevamo i conti con il calo dei ricavi siamo diventati pionieri digitali, la prima industria tradizionale nel campo dei contenuti creativi a far fronte alla realtà del digitale con tutti i suoi aspetti positivi e negativi", ha rivendicato Wadsworth. "E' una gran cosa che la tecnologia renda più facile ascoltare musica perché ciò va a beneficio dei consumatori, ma questo dovrebbe avvenire in modo legale. Da anni abbiamo preso una posizione coraggiosa e impopolare contro la pirateria, rivendicando il nostro diritto a vedere protetto dal Governo il nostro prodotto come quello di qualunque altra industria. Ci siamo guadagnati il diritto a essere trattati con equità e serietà... E' ora che i nostri governanti ci dimostrino che anche per loro la musica è importante". Dello stesso tenore le dichiarazioni dell'amministratore delegato BPI Geoff Taylor, che nel suo intervento ha affrontato più specificamente il caso Google: "Non credo sia sufficiente starsene seduti ad aspettare, dicendoci di segnalare a uno a uno i file illegali in modo che li possano rimuovere dal risultati delle ricerche. Se Google è abbastanza intelligente da insegnare a un computer a pensare, e se è vero che gli è stato detto centocinquantamila volte che The Pirate Bay è illegale, allora è il caso che lo classifichino sotto Amazon e iTunes ogni volta che i consumatori ricercano musica in rete".