L’intesa di massima sottoscritta martedì scorso, 15 gennaio, dalle rispettive organizzazioni di rappresentanza (IMAIE, FIMI e SCF, vedi news) segna indiscutibilmente una tappa importante nell’evoluzione dei rapporti tra comunità artistica e industria discografica in Italia, proprio nel momento in cui in altri paesi (vedi gli Stati Uniti) e su tematiche ampie (come le royalty sul Webcasting e le clausole generali dei contratti discografici) le due categorie si fronteggiano a muso duro. L'accordo di Roma, siglato a conclusione di un contenzioso che si protraeva, spesso con toni aspri, fin dal ’92 (anno di costituzione, per legge, dell’Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori), esprime finalmente una serie di regole e di principi condivisi in tema di ripartizione dei diritti connessi, i compensi dovuti cioè da emittenti radiotelevisive, discoteche e altri locali pubblici per la diffusione di musica registrata. <br> Nel quadro della norma generale che prevede il riconoscimento agli artisti del 50 % dei proventi raccolti, le associazioni delle due categorie si sono trovate per la prima volta d’accordo nel riconoscere agli stessi interpreti una porzione delle royalty derivanti dalla pubblica diffusione di videoclip, basi musicali e sincronizzazioni, nonché una percentuale (ridotta al 10 %) a coloro che per scelta contrattuale hanno ceduto alle case discografiche ogni diritto ad ottenere sull’utilizzo “secondario” della loro musica quello che in gergo legale-contrattualistico viene chiamato equo compenso. <br> Soddisfatta l’IMAIE, anche se il presidente dell’ente, Bruno Zino, invoca risultati più efficaci nella lotta all’evasione da parte delle emittenti radiotelevisive e la necessità impellente di conformarsi al resto d’Europa nel rendere inalienabile il diritto all’equo compenso. E soddisfatte anche SCF e FIMI, a cui l’accordo (previa ratifica dei singoli associati) consentirà finalmente di distribuire le somme rimaste fino ad oggi “congelate” nonché di presentare l’insieme degli aventi diritto come un fronte compatto nei confronti degli enti che diffondono pubblicamente la loro musica: e che se oggi rappresentano una fonte di introiti ancora relativamente modesta (20 miliardi di lire i proventi raccolti dalla SCF nel 2000), sono destinati invece a giocare un ruolo sempre più rilevante nel prossimo futuro, a fronte di una riduzione del mercato discografico tradizionale che sembra ormai irreversibile.