Fondata a Londra nel 1931, la EMI Music è un'istituzione nazionale britannica. Il governo guidato da David Cameron, tuttavia, non è contrario in linea di principio a una sua vendita a una società straniera, la Universal Music facente capo al gruppo francese Vivendi. "In questo Paese abbiamo sempre dato il benvenuto a investimenti stranieri indirizzati alle nostre industrie creative. Abbiamo sempre pensato che si tratti di una cosa positiva, non di una cosa negativa", ha dichiarato il segretatario di Stato per la Cultura, i Media e lo Sport con delega alle Olimpiadi Jeremy Hunt nel corso di un suo intervento allo UK Trade & Investment's Creative Business Summit. "Siamo aperti alla possibilità di intrattenere rapporti d'affari con tutto il mondo e crediamo di avere tratto grandi benefici, nel corso degli anni, dagli investimenti che arrivano dall'estero". "Per quanto riguarda questo specifico accordo", ha aggiunto Hunt, "si tratta di una materia demandata alle autorità che vigilano sulla concorrenza e a cui deve badare l'Europa". Secondo un "memo" diffuso dall'amministratore delegato della EMI Roger Faxon tra i dipendenti e pubblicato da diverse testate, per venire incontro alle richieste delle autorità antitrust e alleggerire la sua quota di mercato Universal sarebbe disposta a liquidare una parte sostanziosa del catalogo EMI, rinunciando ad artisti di punta come i Coldplay e a cataloghi storici come quello dei Pink Floyd (ma non ai Beatles).