C’era una volta la EMI. O meglio c’è ancora, anche se d’ora in poi il celebre marchio non identificherà più la casa discografica per cui incidono (anzi, incidevano) in Italia artisti come Vasco Rossi, Francesco Guccini e il giovane Tiziano Ferro, ma soltanto la ragione sociale della corporation britannica che, sola tra le grandi organizzazioni multinazionali del settore, continua ad avere nella musica (dischi ed edizioni) il suo unico "core business". <br> Scomparirà dunque dai CD l’etichetta EMI, sostituita da un altro nome glorioso, quello della Capitol, a cui faranno capo d’ora in poi tutti i marchi di “famiglia” come Chrysalis, Parlophone e Blue Note: è l’ultima (per ora) mossa a sorpresa di Alain Levy, il nuovo boss mondiale della casa discografica inglese, che qualche suddito della Regina Elisabetta vivrà forse come un affronto alla nazione. Il cambio di nome sembrerebbe in effetti segnalare la crescente americanizzazione di una società che ha appena deciso di trasferire a New York il braccio destro di Levy, David Munns (vedi news), incaricato della missione urgente di risollevare le prestazioni di EMI sul mercato americano, dove da tempo la casa discografica annaspa all’ultimo posto tra le major. E la Capitol, l’etichetta per cui incisero Frank Sinatra, Nat King Cole, Beach Boys e moltissime altre icone della musica a stelle e strisce, è indiscutibilmente uno dei simboli storici della discografia americana, con i suoi celebri studi di registrazione e l’ancora più nota, singolare torre a forma di pila di dischi che dal 1954 giganteggia a pochi passi dal boulevard delle stelle di Hollywood. <br> In base al nuovo schema organizzativo disegnato da Levy, dunque, la holding EMI Recorded Music opererà in ciascun territorio distribuendo staff, roster artistico e risorse tra le due unità “creative” del gruppo, Capitol e Virgin, nel mentre tutte le funzioni di “back office” (vendite, finanza, IT, risorse umane e sfruttamento del catalogo, quest’ultima sotto il nuovo nome di EMI Marketing) verranno totalmente integrate e gestite da un dipartimento servizi comune (in Italia, in gran parte, accade di già, con l’eccezione dello special marketing e della gestione del back catalog); corrispondentemente in tutti i paesi verrà nominato un unico managing director responsabile per l’intera struttura (in Italia, già dal 1998, la direzione di EMI e Virgin è concentrata nella persona di Riccardo Clary). Combinati tra loro, i due interventi di ristrutturazione – integrazione dei servizi generali, autonomia operativa delle due etichette sotto il profilo del marketing, della promozione e delle politiche artistiche - dovrebbero servire a potenziare efficienza e creatività della major, permettendole di incrementare risultati di vendita e quote di mercato. <br> In seguito alle recentissime nomine di Tony Wadsworth (Gran Bretagna) e Udo Lange (Germania), i nomi dei managing director EMI per tutti gli altri paesi europei verranno annunciati nei prossimi giorni da Emmanuel de Buretel, che presiede le operazioni della casa discografica in tutta l’Europa continentale. Quali saranno invece (anche in Italia) gli effetti della ristrutturazione in termini di organici e ristrutturazione degli uffici lo si capirà solo più avanti.