Sono state pellicole come “Jurassic Park 3” e “The mummy returns” (più il “blockbuster” francese “Brotherhood of wolf”, finanziato dalle strutture produttive della controllata StudioCanal) a siglare positivamente l'anno della holding transalpina: che è risultata assai meno brillante, invece, sul fronte delle vendite di dischi a dispetto della sua posizione di leader incontrastata di mercato. Il tracollo della regione latinoamericana (- 20 %) e la crescita zero negli USA hanno determinato una flessione dell'1 % nel fatturato musicale del gruppo (6,560 miliardi di euro), controbilanciata da una sostanziale tenuta in Europa (+ 3 %) e da una forte crescita nel settore delle edizioni (+ 11%). A dispetto del calo di prestazioni, sottolineano i portavoce dell'azienda, un disco su 5 (originali) venduti nel mondo reca oggi il marchio Universal, mentre il rapporto sale a uno a quattro negli Stati Uniti e a uno a tre in Francia. <br> Con la musica a segnare il passo, i successi di stagione al box office cinematografico hanno consentito comunque all'azienda guidata da Jean-Marie Messier di incamerare un risultato globale decisamente positivo, + 9 %, per la sua divisione media e comunicazioni (28,9 miliardi di euro): quanto basta per non dover ritoccare le proiezioni che riguardano l'anno in corso e che si assestano su un incremento di fatturato superiore al 10 %. <br> Ciò nonostante, sul mercato azionario la società non si è comportata altrettanto bene (vedi news), subendo un tracollo (- 21,6 %) in Borsa dall'inizio dell'anno. Tanto da indurre Messier a rivolgere un messaggio ufficiale ai suoi dipendenti per rassicurarli sulla solidità economico-finanziaria dell'azienda e sulla chiarezza dei suoi obiettivi strategici: a questo proposito, il boss di Vivendi Universal ha ribadito che la società non è alla caccia di nuove acquisizioni, smentendo le voci di un suo interessamento a Yahoo!, MGM e gruppo Kirch.