L'Italia di Enzo Bearzot era appena diventata campione del Mondo, e mentre lo Stivale aveva ancora negli occhi l'urlo di Tardelli e l'esultanza sugli spalti del Santiago Bernabeu del presidente Pertini da una fabbrica della Philips ad Hannover, in Germania - per la precisione, il 17 agosto del 1982 - usciva una copia di "The visitors" degli ABBA decisamente più piccola rispetto ai normali 33 giri. Qualche mese dopo, il primo ottobre, sul mercato giapponese venne distribuita per la prima volta ai negozi una copia dello stesso formato di "52nd Street" di Billy Joel. All'epoca in pochi se ne accorsero, ma era iniziata l'era del CD. La rivoluzione della riproduzione musicale in chiave digitale si avviò quando la joint-venture tra la DuPont (che poi uscì dal progetto) e la Philips (che ci stava lavorando già da qualche tempo in combutta con la Sony, che aveva avviato delle sperimentazioni in merito nel 1975) iniziò a lavorare all'applicazione congiunta del sistema numerico binario e dei moderni sistemi di lettura al laser alla riproduzione del suono: il prodotto che ne derivò - un dischetto di plastica del diametro di 12 centimetri - poteva essere usato con un apposito lettore (il primo dei quali, il Sony CDP-101, fu messo in commercio sempre nell'82 al non modico prezzo di 900 dollari americani) che, sfruttando una quantizzazione a 16 bit ed una frequenza di campionamento di 44100 hertz, poteva permettere una riproduzione più pulita e fedele di un maggiore range di frequenze, se impiegato su un impianto all'altezza, rispetto ai supporti del passato. Per 74 minuti consecutivi (vuole la leggenda che la capienza del supporto fosse stata decisa dall'allora presidente della Sony, Norio Ohga, audiofilo convinto che - poco interessato al rock e al pop - volle qualcosa capace di contenere una esecuzione completa della Nona Sinfonia di Beethoven, della durata media, appunto, di poco meno di 74 minuti) divenne così possibile ascoltare musica senza girare lato. Scomparve anche il problema della conservazione del disco: a differenza dei vinili, i CD non vengono graffiati dalle puntine, e i produttori assicurano - in condizioni di conservazione normali - l'efficienza piena del supporto per almeno 100 anni. Guardato - ancora oggi - con sospetto dagli audiofili della vecchia scuola (quelli affezionati al calore del vinile e degli amplificatori degli impianti stereo valvolari), il CD non impiegò troppo a diventare popolare: "Brothers in arms" dei Dire Straits, uscito nel 1985, fu il primo album a vendere un milione di copie sotto forma di compact disc. E sempre nel 1985 David Bowie fu il primo tra gli artisti di spicco a decidere di convertire tutta la sua produzione in CD, riversando in digitale i master analogici originali (avete presente quelle sigle, "AAD", "ADD", "DDD" e via dicendo che trovate sui CD? E' il codice SPARS - Society of Professional Audio Recording Services - che vi informa che tecnologia sia stata usata nelle varie fasi di lavorazione del disco che state ascoltando: la prima lettera si riferisce alla registrazione, la seconda al mixaggio e la terza al mastering: "A" sta per "analogico", "D" per digitale). Quello che a metà degli anni Ottanta sembrava aprire la strada ad un nuovo modo di intendere a fruire la musica (grazie ai masterizzatori, arrivati sui personal computer verso i primi anni Novanta), solo quindici anni dopo è stato superato a destra dai formati liquidi - mp3 e affini - che davvero, per una tanto vasta quanto ovvia serie di ragioni, hanno stravolto la produzione e la fruizione della musica così come era stata intesa fino a ieri. Tuttavia in un periodo dove verso il futuro si incrociano spesso le strade del passato - si veda, al proposito, l'inaspettato ritorno di fiamma della vecchia cassetta e, addirittura, del Walkan - nessuno può dire quanto il CD (ormai reso obsoleto anche in ambito informatico dai dispositivi di storage USB) possa avere ormai fatto il suo tempo. Il supporto che presso le masse traghettò la musica dall'analogico al digitale, e che ad oggi rimane il formato fisico più venduto, sembra comunque avere ancora futuro, davanti a sè...