“Prezzi scontati del 20 % sui dischi di Sanremo”, invoca Pippo Baudo spiazzando l'industria musicale a una settimana dall'inizio della kermesse. E lo ripete in diretta TV davanti a 13 milioni di persone, tanto per far capire che la sua non era una boutade promozionale e che ogni promessa è debito. <br> Ma ha davvero attecchito tra i discografici, la sua proposta anti-crisi? Da un primo “monitoraggio” effettuato da Rockol tra alcuni rivenditori specializzati dell'area milanese si direbbe più no che sì. Tutte d'accordo o quasi, le major, nel contenere i prezzi sui dischi dei giovani di belle speranze; nessuno o quasi disposto a ritoccare quelli dei big (e dei CD singoli, volontariamente esiliati in un malinconico limbo). Così la Sony Music, che al festival di quest'anno fa la parte del leone, tra titoli propri e in distribuzione: i dischi di Matia Bazar, Patty Pravo, Silvestri, Leali e Zarrillo circolano tutti a prezzo pieno, oltre la soglia dei 21 euro al pubblico. Stesso discorso per la compilation doppia (sempre Sony) che, nei negozi milanesi del centro, reca il solito prezzo - peraltro già scontato - di 25 euro: e se le cose stanno diversamente in qualche catena di vendita è perché sono gli stessi commercianti a sobbarcarsi l'onere di una campagna promozionale. Sony, Warner, EMI e, in misura ancora maggiore, BMG vanno invece al ribasso sui “giovani”: La Sintesi, Gianni Fiorellino, Off Side, Andrea Febo, 78 Bit; nel caso degli ultimi due il prezzo scende sotto i 13 euro. Ma il “big” BMG Alessandro Safina resta invece arroccato oltre quota 20, mentre anche le Lollipop (Warner) sono a prezzo pieno (in questo caso però il “bonus” è rappresentato da un disco di remix in omaggio). <br> L'eccezione è la Universal, la più pronta a rispondere alle sollecitazioni di Baudo con un prezzo “imposto” al pubblico di 15 euro (ma solo temporaneamente…) sugli album di Grignani, Renga, Gazosa e Filippa Giordano. La sua mossa però non è piaciuta ad alcuni negozianti. “E' vero, il prezzo è scontato”, sottolinea il titolare di una delle maggiori rivendite milanesi, interpellato da Rockol, “ma vale solo per il primo ordine di acquisto. E noi siamo commercianti, non giocatori d'azzardo: non possiamo permetterci di investire su grossi stock basandoci su speranze e aspettative di vendita che poi magari si rivelano una bolla di sapone. Mentre se appena un disco comincia a vendere siamo costretti a riordinarlo, con la conseguenza che tanto noi che il pubblico lo paghiamo di nuovo a prezzo pieno”. “A patirne le conseguenze sono soprattutto i più deboli, i piccoli negozi”, aggiunge un altro commerciante. “Chi compra di meno ha sconti inferiori, e per stare sotto il tetto dei 15 euro è costretto a sacrificare il proprio margine: alla fine, come sempre, siamo noi a rimetterci”. <br > Morale: la montagna di parole ha partorito un topolino, con l'effetto collaterale di inacidire una volta di più le relazioni già poco idilliache tra case discografiche e negozianti. Una storia già vista e dal finale scontato, con buona pace di patron Baudo.