"Mog e Spotify non aiutano gli artisti, le etichette o i negozi di dischi indipendenti. Non ve ne facciamo una colpa, diciamo solo come stanno le cose dato che qualcuno ce l'ha chiesto". I Grizzly Bear ricorrono a Twitter per esprimere il loro parere, non molto favorevole, sui servizi di streaming che stanno prendendo piede negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Intavolando una discussione con un "follower", il quartetto indie rock di Brooklyn ha voluto precisare meglio la sua posizione: "Ascolta, ho un amico che lavora a Spotify, che offre un ottimo servizio al pubblico. Aiuta anche le band? Non più di quanto lo faccia scaricare musica da lim wire" (sic, si intende ovviamente LimeWire). La spiegazioned del punto di vista del gruppo prosegue poi con altri tweet. Il primo: "La cosa più importante che gli amanti di Spotify dimenticano sono i negozi di dischi in via di estinzione, una cosa speciale per una band, un'etichetta e il negozio stesso". Il secondo: "Non stiamo dicendo che Spotify non serva a diffondere il passaparola. Ma le radio e i locali in cui si suona, quanto meno, guardano ai conteggi di YouTube. Con Spotify, non succede niente". Il terzo: "Spotify può essere utile in termini di esposizione, ma dopo circa 10 mila ascolti riceviamo più o meno 10 dollari". Come noto, posizioni critiche nei confronti di Spotify sono state espresse anche da altri artisti come i Black Keys. I Grizzly Bear (Edward Droste, Daniel Rossen, Chris Taylor e Christopher Beard) pubblicheranno la settimana prossima il loro quarto album di studio, "Shields", per la Warp Records.