L’associazione statunitense dei rivenditori di dischi, NARM, è favorevole alla diffusione dei CD anticopia che da qualche mese hanno iniziato a circolare sul mercato discografico internazionale provocando reazioni non sempre favorevoli (e anche qualche azione in tribunale) da parte dei consumatori di musica. <br> Con un comunicato stampa emesso in apertura della conferenza annuale dell’organizzazione, in svolgimento in questi giorni a San Francisco, i commercianti USA hanno preso per la prima volta posizione ufficiale sulla questione, dichiarando di sostenere gli sforzi che l’industria discografica compie per proteggere i suoi copyright, oltre che i diritti degli artisti e degli autori, e riconoscendo che “una porzione significativa del crollo attuale delle vendite può essere attribuita alla crescita vigorosa che la masterizzazione domestica dei CD ha conosciuto durante l’ultimo anno”. <br> La NARM ammette però che i sistemi finora adottati dall’industria per prevenire il fenomeno non sono esenti da pecche e precisa di essere favorevole alla diffusione sul mercato di lettori e mezzi di riproduzione che consentono ai consumatori di copiare la musica acquistata nei limiti consentiti dalla legge. <br> Negli USA il downloading da Internet e il cosiddetto “CD burning” si sono diffusi a macchia d’olio a seguito della popolarità conseguita da servizi come Morpheus, KaZaA e Grokster, che consentono di scambiarsi gratuitamente la musica in rete (vedi news), ma anche in Italia il fenomeno starebbe registrando una crescita rilevante: dati raccolti di recente dal Centro di Ricerca sull’Economia Digitale dell’Università Bocconi di Milano calcolano in 1,9 milioni di persone i “downloader” abituali italiani, collocando il nostro paese immediatamente alle spalle di Francia e Gran Bretagna in Europa. Meno del 50 % di coloro che scaricano musica da Internet, secondo le risultanze emerse dalla stessa ricerca, lo farebbe allo scopo di confezionarsi dei CD masterizzati o di realizzare delle compilation da ascoltare su lettori portatili MP3: ma gli stessi curatori dell’indagine ammettono che, in questo caso, le risposte raccolte tra gli appassionati di musica potrebbero nascondere una realtà molto più diffusa di quanto le cifre non rivelino.