James Taylor ha chiesto 2 milioni di dollari di danni alla Warner Brothers Records, rea a suo dire di non avergli pagato nella misura dovuta le royalty digitali derivanti dalla vendita della sua musica su piattaforme di download come iTunes e Amazon MP3. Il cantautore di "Fire and rain" e "Shower the people" si unisce così alla sempre più nutrita schiera di artisti (Chuck D, Sister Sledge, Temptations, Peter Frampton, Rob Zombie, George Clinton, Kenny Rogers, Weird Al Jankovic, Michael McDonald dei Doobie Brothers ecc.) che contestano alle case discografiche il calcolo delle royalty sulla vendita dei download: le etichette insistono nel considerarle alla stregua di quelle applicate alla vendita di cd (la quota standard si aggira intorno al 10-12 per cento del prezzo di vendita), i musicisti ritengono invece trattarsi di licenze ex novo che danno loro diritto al 50 per cento dell'incasso netto. Il primo contratto tra Taylor e la società di Burbank risale al 1969 (dopo la pubblicazione del primo album per la Apple dei Beatles), e il rapporto proseguì fino ai tardi anni Settanta, quando Taylor passò alla Columbia. Nel 1979, l'artista e WB concordarono un patto extragiudiziale che apportava alcune modifiche in termini di royalty garantendo anche al musicista il diritto di esercitare un'attività di verifica e di controllo contabile. L'audit, iniziato a partire dal 2008, avrebbe messo in evidenza delle irregolarità , compresa la mancata fatturazione di vendite all'estero, la messa in commercio di album a basso presso e l'uso non autorizzato di canzoni in compilation (ma Taylor contesta a Warner Bros. anche la sua quota sui 110 milioni di dollari di risarcimento incassati da Napster, lo 0,24 per cento). La causa aperta presso la Corte Superiore di Los Angeles, tuttavia, si focalizza soprattutto sulla spartizione delle royalty digitali, e segue le linee della vertenza pilota intentata dai primi produttori di Eminem, F.B.T. Productions, contro la Universal.