Mentre in Italia cercano il dialogo e si scambiano cordialità (finché dura…), negli USA discografici e politici sono ai ferri corti. Motivo dello scontro, i rischi connessi al proliferare delle copie digitali tra gli appassionati di musica e il tema connesso dei diritti dei consumatori: la combattiva presidentessa dell'associazione dei discografici RIAA, Hilary Rosen, è comparsa oggi, 14 marzo, davanti a una commissione senatoriale invocando protezione legislativa contro un fenomeno che l'industria addita tra le cause principali del suo tracollo; simultaneamente, il deputato democratico della Virginia Rick Boucher si è scagliato nuovamente contro le misure difensive adottate dalla discografia e in particolare contro i CD che contengono software anticopia, sostenendo che tale tecnologia lede i diritti sostanziali dei cittadini, intaccandone la sfera del libero arbitrio. In un comunicato stampa distribuito ai senatori e agli osservatori intervenuti all'udienza, l'onorevole Boucher ha ribadito che “l'uso di tecnologie di protezione dei CD non arrecherà nessun sollievo all'industria rispetto al fenomeno del file sharing”, lamentandosi anche del fatto che le etichette d'avvertenza applicate sui dischi in commercio non chiariscono bene se i supporti siano di volta in volta riproducibili solo su lettori CD standard o anche su DVD player, riproduttori portatili e computer. La Rosen ha controbattuto ricordando che, da recenti statistiche (vedi news), il 23 % degli acquirenti americani ha confessato di comprare meno CD da quando ha la possibilità di procurarsi i brani gratis su Internet, e ha chiosato sostenendo che la pirateria digitale finirà per danneggiare non solo gli artisti e l'industria ma gli stessi consumatori. La soluzione da lei prospettata alla commissione senatoriale prevede la ricerca di un compromesso che freni la proliferazione sul mercato di computer e lettori digitali che incoraggiano la copia digitale su larga scala. “Si tratta”, secondo la Rosen, “di trovare il giusto punto di equilibrio tra una tecnologia che consente ai fan di disporre liberamente della musica che acquistano impedendo al tempo stesso che una canzone venga inviata a milioni di utenti attraverso Internet”. Ma non è detto che le sue parole trovino terreno fertile presso il Cogresso USA: i segnali che arrivano dal “palazzo” sembrano anzi indicare che ora come ora i politici del Campidoglio sono più interessati al punto di vista dei consumatori e dell'opinione pubblica che alle preoccupazioni espresse dai discografici.