Aveva visto giusto chi, analizzando l'andamento delle classifiche di vendita in questi ultimi mesi, aveva decretato il tramonto (discografico) della musica per adolescenti e l'ascesa al “potere” del pubblico adulto, pronto a metter mano al portafogli per comprare gli album di Mina e Celentano, dei Pink Floyd e di Celine Dion, snobbando Britney Spears, gli 'N Sync e gli altri idoli del teen pop internazionale. <br> Fino a ieri si trattava di un'osservazione dettata dal buon senso comune, ma oggi è un'indagine condotta dalla Nielsen Ac per conto della principale associazione di categoria, la FIMI, a darle un imprimatur ufficiale: i quarantenni (e oltre) sono la new wave del mercato musicale italiano, se è vero che – come sostiene la ricerca Nielsen – oltre un quinto degli acquirenti di dischi oggi supera abbondantemente gli “anta”, una percentuale come si vede tutt'altro che trascurabile e che oltrepassa di oltre il 7 % quella calcolata cinque anni addietro. <br> Nell'arco di tempo preso in considerazione dalla Nielsen (1997-2002), anche i giovani adulti tra i 25 e i 34 anni hanno accresciuto leggermente il loro peso sul mercato (oggi rappresentano il 30,5 % degli acquirenti), mentre teen agers e ventenni retrocedono di oltre il 6 % (almeno sul mercato ufficiale, perché se si prendessero in considerazione CD masterizzati e copie private il discorso verrebbe sicuramente capovolto): stando ai risultati dell'indagine, neppure il 30 % dei consumatori abituali di dischi ha oggi meno di 25 anni. <br> “Abituali”, in realtà, è un eufemismo, perché dalle interviste effettuate dalla Nielsen risulta che solo il 32 % degli italiani ha acquistato almeno un CD nel corso del 200. Meno del 9 % della popolazione “attiva” (sopra i 14 anni di età) entra più di una volta all'anno in un negozio per comprarne uno (ed è un dato che colpisce, se si pensa alla folla variegata e d'ogni età che affolla i megastore inglesi, francesi e tedeschi), mentre la frequenza media di acquisto non va oltre la miseria di un disco ogni due mesi. <br> Ma la ricerca Nielsen (condotta calcolando come base un “universo” di 38 milioni di italiani dai 14 anni in su) offre numerosi altri dettagli curiosi e interessanti sull'evoluzione dei consumi musicali in Italia: si viene così a scoprire (e non era affatto scontato) che il pubblico femminile cresce a scapito di quello maschile (48,6 e 51,4 % rispettivamente) e che il mercato è tuttora condizionato dallo scarso grado di istruzione della popolazione (sono più i compratori in possesso di licenza media inferiore, 45,4 %, dei diplomati e laureati), mentre sono sempre gli studenti (25,4 %) a rappresentare il gruppo d'acquisto più numeroso davanti ad operai (19,4 %) e lavoratori dipendenti (19,1 %). <br> E la pirateria? Ce ne fosse bisogno, l'indagine conferma implicitamente la sua presenza immanente: soprattutto al Sud, i giovanissimi comprano sempre più dischi sulle bancarelle (9,8 % degli acquisti; erano il 4 % cinque anni fa), mentre diminuisce il peso dei negozi specializzati (38,8 %, il 9 % in meno che nel 1997). La popolazione meno giovane, da sempre refrattaria ad avventurarsi negli empori musicali, privilegia sempre più gli ipermercati e i grandi magazzini (23,2 %) mentre i grandi megastores come Virgin, Fnac, Ricordi e Messaggerie Musicali continuano ad essere la meta dei giovani consumatori residenti nelle grandi aree urbane (14,3 % del consumo globale). Scarsi, scarsissimi, gli acquisti effettuati per tramite di siti Internet, italiani e stranieri: sono appena lo 0,2 % del totale, forse anche per la ritrosia dei consumatori italiani a diffondere in rete dati sensibili. Ma non è questo, purtroppo, l'unico indizio di un mercato invecchiato e a corto di fiato ad emergere dall'indagine Nielsen.