Non basta mettere il classico piede nella porta per espugnare un mercato, specie se grande e storicamente difficile per gli stranieri come quello americano. Per questo uno dei lasciti più interessanti a livello industriale della recente trasferta di HitWeek negli Stati Uniti è una nascita di una music commission che, a Los Angeles, capitale dello show biz a stelle e strisce, farà da ufficio promozione permanente agli artisti nostri connazionali e da ponte tra il panorama rock tricolore e il vastissimo pubblico nord Americano. "Solo considerano gli ultimi anni, le sfide per la discografia italiana orientata al rock sul mercato statunitense sono cambiate enormemente", ci spiega il presidente della FIMI Enzo Mazza, che ha seguito in prima persona la sortita nordamericana di Subsonica, Negrita, Mannarino e altri chiusasi lo scorso 20 ottobre: "Mentre una volta l'ostacolo principale era la distribuzione, oggi la disponibilità del materiale di gruppo e artisti - soprattutto se major - è pressoché totale: basti pensare che l'intero catalogo di Negrita e Subsonica è già disponibile su piattaforme come Spotify e Pandora che in Italia non sono nemmeno operative. La sfida, adesso, è convincere gli americani a comprare i nostri dischi". Impresa non impossibile, perché il mercato americano è molto meno chiuso di quanto si possa pensare. "E' sbagliato pensare che la musica italiana possa fare breccia oltreoceano solo se legata alla tradizione o al bel canto", spiega Mazza: "Il consumatore statunitense, specie quello più giovane e aggiornato, è molto aperto e curioso, e ha dimostrato di essere interessato al panorama tricolore anche al di fuori dell'ambito world, etnico e tradizionale: rispetto ai primi anni di Hitweek ora il pubblico é costituito per il 70 per cento da americani e il 30 per cento da italiani, e in occasione di un incontro tenutosi pochi giorni fa alla UCLA, in California, il pubblico intervenuto aveva una buona conoscenza del repertorio e della storia degli artisti presentati. Si tratta quindi di costruire ora l'azione promozionale, ovvero lavorare perché questa incredibile disponibilità di repertorio italiano, già sugli scaffali di decine di negozi online, venga consumata dal pubblico statunitense. E' questa la vera sfida, soprattutto considerando che senza un exploitation all'estero è difficile che un mercato come quello della musica italiana possa contare solo sul fatturato realizzato in Italia. Pensiamo ad esempio che se solo il repertorio italiano raggiungesse lo 0,5 % delle vendite in USA significherebbe un fatturato di 10 milioni di dollari, l'uno per cento genererebbe ricavi di 20 milioni di dollari. Solo a titolo di confronto la comunità italo americana, che è solo una porzione del possibile target di un'azione promozionale, in diversi Stati supera il 10 % della popolazione con più di un milione di cittadini ed in generale la media negli Stati Uniti è ben al di sopra del 5 %. Si tratta del quinto gruppo etnico". Già, ma come fare? Qui entra in gioco la music commission: "La scelta di Los Angeles è stata strategica, da questo punto di vista", chiarisce Mazza, "Un presidio nel cuore pulsante dell'industria cinematografica e televisiva mondiale ci permette - ad esempio - di aprire un canale coi responsabili di sincronizzazione degli studios, che un domani potrebbero rilanciare produzioni italiane in prodotti internazionali. Questo è l'obiettivo che ci poniamo lavorando con l'Istituto nazionale per il Commercio Estero e il Ministero delle Attività produttive per costituire questo braccio operativo, che dovrebbe individuare le migliori azioni promozionali per la musica italiana in USA avendo come target sia la comunità italiana, sia il pubblico statunitense più attento alle novità della musica europea". "Logicamente, un progetto del genere necessita di continuità", specifica Mazza: "I benefici di un'operazione di questo tipo si vedono sul lungo termine: il momento è critico ma è indispensabile continuare ad investire, perché questi sforzi siano efficaci. Pensate, ad esempio, a quanto tempo la British Phonographic Industry ha impiegato per ottenere risultati sul mercato statunitense: se si vuole arrivare in vetta, è indispensabile partire dal basso". "Una cosa è certa: non siamo più la Cenerentola che eravamo qualche anno fa", gli fa eco Francesco Del Maro, che di HitWeek è patron e organizzatore: "Abbiamo avuto ottimi riscontri, dopo la nostra ultima trasferta, sia dal Ministero degli Esteri che dall'Istituto nazionale per il Commercio Estero: c'è stata un'evoluzione incredibile, dalla prima edizione ad oggi, in termini non solo di risposta del pubblico, ma anche di accesso ai cataloghi da parte degli operatori del settore internazionale". Il progetto, quindi, è quello di emanciparsi dalla formula legata al tour estemporaneo (che pure avrà due code, nel 2013, prima in Brasile e poi - ancora - in Cina) per arrivare, la prossima stagione, in una forma riveduta e corretta per l'Anno della Cultura Italiana negli Stati Uniti: "Ad oggi siamo gli unici, all'estero, ad occuparci in questi termini di musica italiana 'non classica': sicuramente il prossimo anno negli USA - che ad oggi per noi rappresenta ancora l'obbiettivo primario - allargheremo lo spettro della nostra offerta, includendo - oltre ad artisti rock - anche esponenti di primo piano di generi come il jazz e la world music".