La guerra delle royalty tra Webcaster e industria musicale si trasferisce, in America, nelle aule dei tribunali: la più famosa e popolare Internet radio statunitense, Pandora, ha infatti citato in giudizio la American Society of Composers, Authors and Publishers (ASCAP, uno degli equivalenti americani della SIAE) con l'obiettivo di vedersi riconosciuto dal giudice il diritto ad abbassare l'entità delle licenze pagate agli autori ed editori di musica. Secondo gli avvocati di Pandora (che peraltro continua a non generare profitti e versa in condizioni finanziarie difficili) i tassi, basati su accordi di licenza "sperimentali" siglati nel 2007, "sono inadatti alla situazione e non ragionevoli". Gli editori musicali, da parte loro, lamentano una sproporzione tra le royalty da loro incassate e quelle ricevute dalle case discografiche (il rapporto, secondo un insider, sarebbe di 1 dollaro a 12,50). Proprio per superare l'impasse della situazione e rendere più agile il rapporto, la major editoriale Sony/ATV guidata da Martin Bandier ha revocato il mandato di rappresentanza a enti come ASCAP e BMI. Il mese scorso, negli Stati Uniti, Pandora è stata tra i promotori della nascita di una Radio Fairness Coalition che spinge in direzione della formulazione di leggi più favorevoli ai Webcaster. Del gruppo di pressione, attivo presso il Campidoglio, fa parte anche Clear Channel, che ha iniziato a trattare direttamente il pagamento delle royalty con etichette discografiche come Big Machine Records (Taylor Swift) e Glassnote (che pubblica in Nord America i dischi di Mumford and Sons).