Il successo apparentemente inarrestabile dei servizi gratuiti “peer-to-peer”, che l’industria musicale cerca di ostacolare nelle aule dei tribunali, sta spingendo le case discografiche a cambiare atteggiamento e strategie rispetto alla distribuzione della musica in rete. I discografici americani, in altre parole, sembrano essersi finalmente convinti del fatto che per arginare la concorrenza (sleale?) di sistemi di file sharing non autorizzati come Morpheus, Grokster e KaZaA bisogna abbassare sensibilmente i prezzi dei download, allargare di molto i cataloghi disponibili sul Web e consentire, persino, la copia dei brani scaricati su CD vergini utilizzabili dal consumatore in qualunque momento e in ogni luogo.<br> Un segnale significativo del (tardivo) cambiamento di rotta arriva dalle dichiarazioni che Larry Kenswil, presidente della divisione new media della Universal Music (eLabs), ha rilasciato in questi giorni alla stampa americana: “I tempi sono cambiati, e così deve cambiare anche l’offerta” ha ammesso Kenswil, preannunciando che a partire da quest’estate la major del gruppo Vivendi, leader del mercato discografico mondiale, comincerà a vendere singoli in formato digitale a 99 cent ed album a 9,99 dollari utilizzando la tecnologia Liquid Audio e i siti di retailer come Amazon, Best Buy e Sam Goody come terminali di distribuzione; successivamente, ha aggiunto il direttore di eLabs, la musica scaricata da questi ed altri siti potrà anche essere copiata su CD-R. “La comparsa dei siti peer-to-peer ci ha costretti a ripensare cosa è necessario fare per convincere il pubblico ad acquistare musica su Internet”, ha spiegato Kenswil. “Sostanzialmente, ci vogliono prezzi più aggressivi e un’offerta di catalogo tanto ampia quanto ci è consentito dalle liberatorie che riusciremo ad ottenere”. <br> Sulla stessa strada si sta per muovere anche la Sony Music, che intende ritoccare verso il basso (a 1,49 dollari) il prezzo unitario dei brani disponibili per il download sul portale RioPort e sbloccare, almeno in parte, i sistemi di protezione che non consentono finora di copiare i file scaricati. Universal e Sony, che gestiscono insieme il servizio di distribuzione digitale PressPlay, non hanno invece annunciato alcuna iniziativa del genere riguardo alla loro joint venture, che permette agli abbonati di scaricare (e copiare) un numero limitato di canzoni ogni mese in cambio di un canone di abbonamento. “Abbiamo bisogno di trovare modi diversi di vendere i nostri prodotti, e l’uno non esclude l’altro”, ha spiegato ancora Kenswil. <br> Anche le altre major dovrebbero presto muoversi nella stessa direzione: un portavoce di BMG ha assicurato che la casa tedesca, pur non avendo ancora concesso licenze per il “CD burning” (la copia su CD), sta studiando seriamente il problema, mentre Warner Music ha già messo in circolazione a titolo sperimentale un numero limitato di titoli scaricabili a 99 cent e duplicabili su CD-R. Non è ancora la rivoluzione, ma potrebbe essere il (timido) inizio di una nuova fase per la musica on-line legalizzata.