Riprendono in USA i negoziati tra i discografici della RIAA (Recording Industry Association of America) e i rappresentanti della RAC (Recording Artists Coalition) dopo una pausa forzata dovuta, a quanto pare, all’impossibilità di conciliare vedute incompatibili. Secondo fonti americane, le controparti starebbero di nuovo lavorando ad una soluzione di compromesso che ha per oggetto il punto più spinoso della vertenza, e cioè gli obblighi degli artisti nei confronti delle case discografiche una volta che, come sembra probabile, anche i loro contratti verranno nuovamente assoggettati senza deroghe alla durata massima di sette anni prevista dallo statuto dei lavoratori della California. <br> Gli avvocati dei due contendenti starebbero cercando un punto di accordo sul numero di album che un artista dovrà alla sua casa discografica una volta spirati i termini contrattuali: sembra che ci sia consenso sul fatto che i contratti stessi debbano diventare al proposito più flessibili, ma le opinioni divergono ancora sul “quanto”, e cioè sul numero di dischi che è ragionevole esigere da un artista una volta trascorsi i sette anni dall’inizio del contratto. Un problema squisitamente tecnico, come si vede, ma che potrebbe avere risvolti importanti sulla carriera futura di molti artisti, e non solo negli Stati Uniti. <br> La RAC, intanto, ha dovuto incassare indirettamente una prima sconfitta con la decisione del tribunale che, decidendo sulla causa per inadempienza contrattuale in corso tra Courtney Love e la casa discografica Universal (vedi news) ha respinto la tesi della vedova Cobain secondo cui i contratti in deroga alla legge dei sette anni sono anticostituzionali. La decisione non dovrebbe condizionare l’esito dei negoziati, ma toglie agli artisti un’arma che avrebbero potuto agitare minacciosamente, in caso di necessità, davanti alla controparte.