No alla riduzione dell’aliquota IVA sui dischi, sì all’abbattimento generalizzato dei prezzi al consumo, 5 € per i CD di catalogo, 10 per le novità discografiche. <br> E’ l’ultima provocatoria proposta di Marco Marsili, presidente della CMI (Confederazione della Musica Italiana, aderente alla Confcommercio) e “guastatore” numero uno della scena musicale italiana, a proposito di uno dei temi più dibattiti di questi tempi tra gli operatori del settore e i loro interlocutori in Parlamento. <br> Una boutade gratuita,un'ennesima manovra di disturbo nei confronti dell’establishment musicale e nulla più? “No”, assicura Marsili al telefono con Rockol, “e lo spiegano bene i dati sul consumo discografico che la SIAE ha diffuso nelle scorse settimane. Mentre il resto del mercato collassa, la produzione di CD ‘budget’ e a medio prezzo è cresciuta di tre milioni di pezzi lo scorso semestre: segno che il pubblico i dischi li compra, quando ritiene che il prezzo sia giusto. Non basta - aggiunge (e il riferimento alla major Universal è evidente) - vendere vecchi fondi di magazzino a 10 € per affrontare il problema alla radice”. <br> Ma è davvero realistico, controbattiamo, pensare di vendere una novità a 10 €, un prezzo dirompente rispetto alla realtà di mercato, anche internazionale? “Duplicare un disco costa meno di 1€, la SIAE incide – e solo sul venduto - per meno del 10 %, le royalty di un artista o di un gruppo esordiente non superano l’8 %: bisognerà pur spiegare al pubblico dove va a finire il resto dei soldi”, ribatte convinto il presidente della CMI, associazione di "indies" in cui confluiscono oggi aziende come Discopiù, JT Company, Target e Mithos (la nuova etichetta di Anna Oxa). Marsili non lesina critiche neppure alle pop star locali : “Per far bella figura con la stampa, incolpano le case discografiche del caro CD: ma poi sono loro i primi a chiedere minimi garantiti esagerati su dischi che, quando non hanno successo, finiscono per gravare sulle spalle altrui e per penalizzare i loro colleghi. E a che servono quei video da centinaia di migliaia di euro che finiscono su due TV musicali e non fanno vendere una copia in più?”. E dunque, conclude, quello dell’IVA è l'ultimo dei problemi. “Se anche il governo avesse i margini di manovra per ridurre l’aliquota dall’attuale 20 % chi ci garantisce che le multinazionali non ne approfitterebbero per incamerare il bonus fiscale a loro esclusivo beneficio? Il rischio, più che concreto, è che per i consumatori non cambi nulla. E che ci rimettano ancora una volta quelle case indipendenti che i prezzi scontati li praticano già da un pezzo”.