Per combattere la pirateria musicale on-line, l’industria ha cominciato ad intrufolarsi nelle linee nemiche: in rete, secondo quanto riporta tra gli altri l’agenzia Reuters, iniziano a circolare file “esca” vuoti o irriproducibili, introdotti nel sistema su iniziativa delle stesse case discografiche allo scopo di scoraggiare e di irritare i “downloaders” che cercano di procurarsi musica gratuitamente sul Web. E’ una tattica che nel gergo degli internauti si chiama “spoofing” e che un portavoce dell’associazione dei discografici americani RIAA ha definito come “una misura di autodifesa perfettamente appropriata e legittima a fronte dei problemi crescenti che pongono le reti pirata peer-to-peer” (come KaZaA e Morpheus). “E’ anche una conferma dell’adagio che dice che si ottiene ciò che si è pagato”, ha aggiunto con una punta d’acido l’ufficio stampa della Recording Industry Association of America, all’interno della quale si sta anche discutendo se sia il caso di denunciare in tribunale per violazione dei copyright, oltre ai service provider, anche i più assidui scambisti privati di musica in rete, a loro volta divenuti delle vere e proprie centrali di smistamento non autorizzato. <br> L’iniziativa non è semplicissima dal punto di vista tecnico perché richiederebbe di coinvolgere gli stessi service provider in un’attività di vigilanza continua sull’operato dei propri utenti, e rischia anche di rendere ancora più impopolare di quanto già non sia la discografia presso la comunità on-line degli appassionati di musica. “E’ un modo di invitarli alla ritorsione”, ha ammonito Phil Leigh, analista ed esperto americano del settore. E neppure tutte le case discografiche sono convinte della validità della soluzione: secondo alcune indiscrezioni, EMI e Universal sarebbero tra i maggiori sostenitori della guerra casa per casa, mentre Warner Music avrebbe espresso forti dubbi sull’opportunità di metterla in pratica.