Suona il campanello d’allarme per gli organizzatori di concerti, e non solo per quelli americani: la rivista USA specializzata Pollstar calcola una flessione di pubblico del 3 % nella prima metà dell’anno, e la colpa – dicono gli esperti – è da imputare alla crescita spropositata dei prezzi dei biglietti. <br> Alla caccia di grandi ingaggi e di megaproduzioni in grado di solleticare l’attenzione delle masse, le pop star internazionali stanno probabilmente esagerando: Pollstar cita gli oltre 150 dollari a testa richiesti per assistere ad un concerto di Andrea Bocelli (che in sei date ha movimentato un giro d’affari di 9,4 milioni di dollari) e i 129 dollari e mezzo necessari, negli USA, per ascoltare dal vivo sir Paul McCartney, recordman di stagione con un incasso al box office di 52,8 milioni di dollari distribuito nell’arco di 27 show. Il prezzo medio di ingresso ai 50 tour più importanti della prima tranche del 2002 è cresciuto dell’11,3 % (cioè di 4,12 dollari) rispetto all’anno scorso, a fronte di un tasso di inflazione del 3,6 %: e sono proprio i rincari dei biglietti, ha spiegato al Wall Street Journal l’editore di Pollstar Gary Bongiovanni, a tenere a galla (almeno per ora) i bilanci dei grandi promoter. I quali tra l’altro possono ormai agire indisturbati, spartendosi un mercato sempre meno concorrenziale e sempre più governato dalle logiche dei grandi numeri (in USA 67 dei 100 tour più importanti di quest’anno sono stati organizzati da Clear Channel, con House of Blues e Concert West/Goldenvoice a dividersi quasi tutto il resto della torta). <br> Altri veterani come Billy Joel ed Elton John (che hanno condiviso il cartellone per 23 spettacoli), Crosby, Stills, Nash & Young, Barry Manilow e Jimmy Buffett hanno seguito la stessa strada di Bocelli e McCartney per assicurarsi un posto nella Top Ten di questi ultimi sei mesi: ed altrettanto faranno certamente anche Bruce Springsteen (in tour da agosto, vedi news)), Rolling Stones (on the road da settembre) e Aerosmith. La musica dal vivo come divertimento esclusivo destinato a consumatori danarosi di mezza età, dunque? Bongiovanni sostiene di no, e cita come esempio il tour di Green Day e Blink 182 i quali, rivolgendosi ad un pubblico più giovane, hanno calmierato il prezzo ad un più ragionevole livello medio di 31 dollari e mezzo (comunque alto, per le tasche italiane: ma in USA il reddito procapite è decisamente superiore). L’editore di Pollstar invita gli organizzatori a non esagerare e a ritagliare per ogni mercato e fetta di pubblico il prezzo più adeguato. Altrimenti la corda rischierà davvero di spezzarsi e la gigantesca macchina dello show business americano (e mondiale) correrà un serio pericolo di ingolfarsi.