Una ricerca a cura dello USC Annenberg Innovation Lab, riporta il sito Digital Music News, conferma la tesi dell'industria discografica secondo cui a sostenere finanziariamente i siti pirata, con le loro inserzioni pubblicitarie, sono alcuni dei marchi industriali e commerciali più rinomati del mondo. Nel lungo elenco alfabetico compilato dai ricercatori figurano non solo collaboratori abituali degli operatori musicali come American Express e la compagnia telefonica AT&T (partner di Spotify negli Stati Uniti) ma anche aziende come Amazon, Samsung e Nokia, che a loro volta gestiscono piattaforme legali di musica digitale. Dall'indagine risulta invece ridotto il contributo ai siti pirata fornito da Google e AdClicks, che non figurano nella Top Ten: "Tanto i vari network di Google che Open X hanno significativamente ridotto il numero di siti pirata in cui piazzano inserzioni pubblicitarie", hanno confermato gli studiosi. "Al contrario, Right Media di Yahoo! continua a essere uno dei principali fornitori". Google si trovava al secondo posto di questa classifica: come noto la società di Mountain View, cui fanno capo la piattaforma video YouTube e il servizio Google Play, viene invitata da tempo dalle case discografiche a esercitare un controllo più rigoroso sui risultati prodotti dal suo motore di ricerca, che spesso collocano in posizione premimente link a siti pirata piuttosto che a quelli legali.