Dal podio londinese del congresso mondiale della CISAC (la confederazione internazionale delle società degli autori), in corso in questi giorni, l’ex capo di AOL Time Warner spara a zero sulle case discografiche. “Va bene lamentarsi della pirateria”, ha detto Gerald Levin dopo essere stato sollecitato ad esprimere il suo parere sull’evoluzione dei media digitali, “ma tutto questo affannarsi nel ripetere che la musica gratuita su Internet è un furto sta distraendo l’industria della musica dal suo compito principale: che è quello di scovare nuovi artisti e di creare nuovi generi musicali”. <br> Levin, uno dei grandi artefici della fusione AOL Time Warner e poi una delle vittime eccellenti del suo crollo azionario (vedi news), non fa distinzioni e accusa tutte le major, Warner compresa, di non essere state finora all’altezza della situazione, incapaci di abbracciare le nuove tecnologie per venire incontro alle richieste dei consumatori. “La possibilità di procurarsi on-demand ciò che si desidera è un fattore vincente. Se si è in grado di soddisfare questa richiesta, la gente è disposta a pagare”. Ma le case discografiche, ha concluso Levin (che deve avere evidentemente avuto qualche scontro frontale con i vertici di Warner Music sull’argomento), non sono ancora state in grado di approfittare dell’esplosione che la domanda di musica digitale ha conosciuto negli ultimi anni. Colpa di un atteggiamento arroccato sulla difesa delle proprie posizioni e sul tentativo, fallito, di convincere i consumatori ad abbandonare il file sharing gratuito e la duplicazione casalinga..“Un atteggiamento”, ammonisce il capo in “esilio” di AOL Time Warner, “che l’industria potrebbe pagare a caro prezzo”.