Inevitabile e tempestiva, arriva la replica dell'industria discografica internazionale (e anche italiana) all'accordo Tiscali-KaZaA, con cui il contestatissimo sito di file sharing si impegna a fare proseliti per i servizi broadband del provider italiano in cambio di una fetta dei canoni di abbonamento (vedi news). <br> "Sono scioccato dal fatto che Tiscali, una società che ospita servizi on-line legali, possa pensare che entrando in affari con un servizio non autorizzato come KaZaA si possa promuovere lo sviluppo di un mercato legale di musica on line”, ha dichiarato il presidente e ceo dell'IFPI Jay Berman per tramite di un comunicato diramato nella giornata di marted', 24 settembre. “Quanto afferma Tiscali, e cioè che 'questo accordo è un importante passo per la creazione di un mercato legale', è completamente illogico”, continua Berman riferendosi alle dichiarazioni rilasciate da un dirigente dell'azienda di Renato Soru al New York Times. “Il 'prezzo' che Tiscali è disposto a pagare per incoraggiare i consumatori ad adottare questi servizi a banda larga andrà a discapito di chiunque lavori nell'ambito musicale, e senza il loro consenso: dai compositori agli editori,dai musicisti agli artisti e alle case discografiche che hanno investito in quelle registrazioni. L'industria discografica è già in causa contro KaZaA e noi crediamo che i tribunali confermeranno che questo è un commercio pirata” (un'udienza è in programma per il prossimo 2 dicembre) <br> “Quello che più stupisce”, aggiunge il presidente FIMI Enzo Mazza, raggiunto al telefono da Rockol proprio prima di partire per un meeting IFPI sulla pirateria in programma ad Amsterdam, “è che con lo staff di Tiscali abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto di collaborazione e che da parte loro c'è sempre stata piena disponibilità a chiudere, su nostra segnalazione, gli accessi Internet ai siti abusivi: dunque non si può dire che non siano a conoscenza delle dimensioni del fenomeno della musica piratata in rete. Con questo accordo, invece, si attirano le ire non solo delle case discografiche ma anche di tutti coloro che, come le imprese cinematografiche, necessitano della collaborazione fattiva degli Internet Service Provider per sviluppare seriamente i loro servizi legali su Internet. Mi sembra che siano scivolati su una buccia di banana”.