Hanno torto gli artisti che, come Beatles, Led Zeppelin o AC/DC, non concedono il loro repertorio in licenza ai servizi di streaming? Secondo Steve Savoca (Spotify), Adam Rabinovitz (Rdio) e Christina Calio (Xbox Music), relatori in un panel tenutosi ieri al Convention Center di Austin nell'ambito del SXSW 2013, non ci sono dubbi. "Credo si tratti di casi limite amplificati dai media", ha dichiarato Savoca, responsabile contenuti di Spotify, rispondendo a una domanda sulla decisione dei Black Keys di non concedere l'autorizzazione per lo streaming dell'album "El camino". "Gli artisti che non collaborano con noi", ha aggiunto, "si possono contare su una mano e mezza. E' l'eccezione piuttosto che la regola, e non comprendo il ragionamento alla base di quella decisione". Della stessa opinione Rabinovitz, direttore delle relazioni artistiche a Rdio, secondo cui "molto ha a che fare con l'educazione. Se qualcuno legge dei Black Keys e prende una decisione in base a quello commette un grosso errore. Credo che nessuno di coloro che comprendono le opportunità offerte da questi servizi, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di scoprire nuova musica, decida coscientemente di non esserci". "Ho parlato con diversi manager di artisti che stanno tenendo duro nella loro decisione e nessuno di loro ha saputo darmi una buona ragione", ha rincarato la Calio, responsabile dei rapporti con l'industria musicale e della strategia di Xbox Music. "La loro è una reazione viscerale". Quanto alla preferenza che alcuni artisti e manager continuano ad accordare ai download, ritenuti economicamente più redditizi, Savoca nota che "l'idea di possesso è ancora molto presente nel pubblico, cosicché il comportamento del consumatore non è cambiato. Al momento download e streaming sono complemetari. Ma in futuro, con gli sviluppi della tecnologia, diverranno indistinguibili".