PJ Bloom, supervisore musicale per conto di popolarissime serie televisive americane come "Glee" e "CSI:Miami", è una personalità eminente nel settore del "music licensing" e le sue recenti dichiarazioni a un convegno organizzato in Inghilterra dall'AIM (Association of Independent Music) stanno suscitando scalpore tra gli addetti ai lavori tanto che il settimanale Music Week ha subito organizzato un referendum online per sondare l'umore dei suoi lettori in materia. In sostanza, Bloom ha detto che case discografiche, artisti ed editori musicali possono scordarsi le grandi cifre che si ricavavano un tempo dal collocamento di un brano musicale in televisione, a causa dei budget più risicati di emittenti e case di produzione televisiva ma non solo. "Le tariffe, negli anni, hanno preso a diminuire in maniera sistematica, e questo continuerà a succedere", ha detto Bloom prima di lanciare la sua previsione/provocazione. "A me sembra che le opportunità di esposizione potenziale siano immense, e mi verrebbe da dire che dovreste essere voi, detentori dei diritti musicali, a comprare i diritti di sincronizzazione, e che probabilmente in futuro lo farete". Bloom prospetta dunque un modello di business rovesciato, in cui sono gli utilizzatori, e non i proprietari dei repertori musicali, a incassare per il "servizio" promozionale svolto. I lettori online di Music Week, in maggioranza, non sembrano essere dello stesso avviso: l'84 per cento la pensa in modo contrario a Bloom, e solo il 16 per cento appoggia la sua opinione. Nel 2012 i diritti di pubblica esecuzione incassati dall'industria discografica per la diffusione di musica in tv, radio, Internet e locali pubblici sono cresciuti del 9,3 per cento, e oggi rappresentano il 6 per cento del fatturato globale del settore (il 10 per cento circa in Europa e in America Latina).