L'evoluzione in chiave digitale del mercato musicale riguarda in misura sempre maggiore anche il settore dei diritti di pubblica esecuzione (versati dagli utilizzatori ogni volta che un brano di musica registrata viene diffuso in pubblico) . Nel 2012 autori ed editori musicali britannici, ad esempio, hanno incassato più denaro dai canali online che dalle radio e dai locali pubblici (club, pub, ecc.): lo rivelano gli ultimi dati diffusi dalla PRS For Music, agenzia di collecting che vanta 95 mila associati e che intrattiene rapporti con 350 mila imprese utilizzatrici (tra cui 300 emittenti radiofoniche e 450 stazioni televisive), secondo cui le royalty versate dalle piattaforme digitali sono cresciute di un terzo, 32 per cento, rispetto all'anno precedente raggiungendo la cifra di 51,7 milioni di sterline (nei cinque anni precedenti l'incremento medio era stato del 27 per cento). Nello stesso periodo le somme incassate dalle emittenti radiofoniche hanno toccato i 47 milioni di sterline e quelle generate dalla musica dal vivo sono scese a 19,3 milioni (- 14,2 per cento). Nonostante il digitale rappresenti una quota ancora ridotta, l'8 per cento, del fatturato globale di PRS, 641,8 milioni di sterline (+ 1,7 per cento sull'anno precedente), il trend di sviluppo è decisamente promettente: PRS For Music cita come tappe fondamentali dei progressi registrati nel 2012 i nuovi accordi di licenza firmati con piattaforme come Google Play, Xbox di Microsoft, Rhapsody e Vevo. "Spotify e Apple continuano a rappresentare l'ossatura dei ricavi online", ha osservato il direttore esecutivo dell'agenzia Robert Ashcroft. "Siamo dipendenti gli uni dagli altri", ha aggiunto a proposito dei rapporti con le società tecnologiche: "è nel loro stesso interesse che si realizzi un flusso di nuovi contenuti creativi". A dispetto del successo internazionale di artisti come One Direction, Ed Sheeran e Mumford & Sons le royalty che PRS raccoglie nel resto del mondo sono calate del 4,1 per cento a 180,1 milioni di sterline: il dato negativo, secondo l'agenzia, si lega alla crisi economica di molti mercati e alle perdite subìte dalla sterlina nei confronti dell'euro.