Barcolla ancora il titolo EMI alla Borsa di Londra, dopo che la casa britannica ha ammesso di aver parzialmente mancato le sue previsioni di ripresa per l'anno in corso: la major presieduta da Eric Nicoli, che riteneva di poter incrementare fino al 3 % il suo fatturato discografico, avrebbe invece chiuso l'ultimo esercizio con un giro d'affari decisamente inferiore, - 12,4 % (759,3 milioni di sterline), rispetto a quello dello scorso anno, secondo quanto riferisce il quotidiano economico Financial Times. <br> Comprensibilmente, Nicoli preferisce puntare l'attenzione sul recupero di redditività conseguito dalla sua azienda (profitti lordi per 42,2 milioni di sterline nel semestre tra l'aprile e il settembre 2002), favorito dai pesanti tagli di costi che hanno portato a licenziare 1.800 dipendenti e 400 artisti nel corso dell'anno (vedi news), nonché sulla tenuta della divisione che si occupa di edizioni musicali, da tempo uno degli anelli più robusti della catena EMI e destinato a venire ulteriormente potenziato: l'amministratore delegato ha spiegato che la società è prossima ad acquisire il rimanente 50 % del prezioso catalogo pop-soul Jobete Music (legato all'etichetta Motown di Marvin Gaye, Stevie Wonder, Supremes e Jackson Five) con i soldi derivanti dalla vendita delle azioni (il 14,5 %) che ancora possiede nella catena di negozi HMV. <br> Gli analisti della City sottolineano invece che la stretta di cinghia imposta da Alain Levy e David Munns, la nuova coppia di vertice della amajor, per quanto rivelatasi efficace, esaurirà i suoi effetti con la fine dell'anno, e che per la società sarà difficile contrastare nel prossimo futuro i trend generali che vedono rimpicciolirsi progressivamente le dimensioni del mercato della musica registrata.