L'industria discografica si fa spesso vanto di investire in ricerca e sviluppo una quota di ricavi superiore a quella destinata all'innovazione da qualunque altro comparto produttivo. Ma Alan Davey, presidente di quell'Arts Council britannico che ha appena deliberato una sovvenzione da mezzo milione di sterline a favore dei giovani musicisti bisognosi (attingendo ai fondi pubblici raccolti dal governo tramite la Lotteria Nazionale), non è dello stesso avviso, avendo dichiarato in un programma di BBC Radio 1, Newsbeat, che "le etichette britanniche vogliono che i talenti gli vengano serviti bell'e pronti sul piatto e non sono disposte ad assumersi il rischio di un investimento sul lungo periodo". "E' una cosa, questa, che si vede succedere in tanti settori industriali quando si trovano sotto pressione", sostiene Davey. "Ci si concentra nel dare al pubblico ciò che si crede che esso desideri, piuttosto che esplorare nuove strade o dargli qualcosa che non sapeva di volere". Nello stesso programma radiofonico Mike Smith della EMI/Universal ha replicato alle accuse sostenendo che "i nuovi artisti sono l'assoluta linfa vitale della nostra attività imprenditoriale. L'investimento in nuovi talenti è il settore che non taglieremo mai perché è lì che risiede il futuro del nostro business".