Diritto di copyright contro diritto alla privacy: per John D. Bates, giudice federale del distretto di Washington, D.C, la tutela del primo è più importante della protezione del secondo, e di conseguenza l’Internet Service Provider Verizon dovrà svelare il nome di un suo abbonato accusato di aver messo illegalmente in circolazione sul Web oltre 600 brani musicali attraverso un servizio di tipo “peer-to-peer”. <br> L’ordinanza era stata sollecitata dalla associazione dei discografici americani, Recording Industry Association of America, per conto delle cinque major discografiche e di altre etichette associate (vedi News), e fornisce un importante orientamento giurisprudenziale in merito all’interpretazione della legge sul copyright introdotta nel 1998, che impone ai provider di rimuovere da Internet file audio e video illegali una volta che ne hanno ricevuto notifica. Nella sua sentenza, Bates ha sostenuto che il Primo Emendamento della Costituzione americana “non protegge la violazione dei copyright”, non ravvisando nel caso in giudizio l’opportunità di tutelare i diritti alla libera espressione e alla privacy dell’anonimo trasgressore. <br> Salutata naturalmente con soddisfazione dall’industria discografica (“La decisione della Corte”, ha detto il presidente della RIAA Cary Sherman, “convalida la nostra interpretazione della legge”), la pronuncia del giudice non ha tuttavia mancato di sollevare già un dibattito nell’opinione pubblica americana. “E’ un precedente pericoloso, che può spingere qualunque provider a rivelare dati e informazioni riservate e personali senza un accurato esame processuale, e che demanda in pratica ai discografici il ruolo tanto di giudice che di giuria”, ha osservato il fondatore di Digital Consumer, un’associazione di tutela dei consumatori che utilizzano Internet. Verizon non ha per il momento commentato l’esito del provvedimento, contro il quale tuttavia presenterà probabilmente appello.