"Forse mercati come gli Stati Uniti sono colpevoli di abbracciare il digitale con troppo zelo, invece di investire in presentazioni creative di CD, vinili e altri formati fisici?". A porsi questa domanda non è un retromaniaco nostalgico e impenitente ma Paul Resnikoff, blogger e direttore di un noto sito che si chiama non a caso Digital Music News. Cosicché fa riflettere la sua provocazione, basata su quanto sta accadendo in Giappone: il mercato del Sol Levante, dopo anni di crisi, si sta risollevando tanto che nel 2013 - pronostica Resnikoff - potrebbe addirittura strappare la corona di leader mondiale agli Stati Uniti, dopo essersi molto avvicinato a fine 2012 (lo confermano i dati rilasciati dalla federazione internazionale dei discografici IFPI: 4,481 miliardi di dollari di fatturato contro 4,422). E mentre gli Usa lottano tuttora con una domanda in recessione, il Giappone ha chiuso lo scorso anno con una crescita di fatturato del 4 per cento, mentre i dati raccolti per il trimestre gennaio-marzo 2013 dall'associazione locale di categoria RIAJ segnalano un ulteriore balzo in avanti. A sorprendere, in questo contesto, non è tanto il boom del digitale (+ 70 per cento) quanto la incredibile ripresa dei CD le cui vendite nel periodo sono quasi raddoppiate (+ 92 per cento) rispetto al primo trimestre 2012. Il motivo? RIAJ e Resnikoff puntano i riflettori sugli investimenti e i repackaging di dischi effettuati su generi di moda come il K-Pop e il J-Pop (l'electro-pop coreano e giapponese di cui PSY è l'esempio più eclatante), facendo così osservare che c'è ancora modo di rivitalizzare un supporto che, a poco più di trent'anni dalla sua nascita, molti danno già per morto.