L'annuncio del ritiro da Spotify di "Eraser" di Thom Yorke, di "AMOK" degli Atoms For Peace e di "Ultraista" di Nigel Godrich, così come i duri commenti che quest'ultimo e Yorke hanno postato su Twitter a proposito delle royalty versate agli artisti emergenti dalla piattaforma di streaming hanno indotto la società svedese a intervenire pubblicamente nel dibattito per difendere la sua posizione. "L'obiettivo di Spotify è di far crescere un servizio che la gente apprezzi e per il quale in ultima analisi si dimostri disposta a pagare e che sia in grado di fornire all'industria musicale il sostegno finanziario necessario a investire in nuova musica e in nuovi talenti", ha replicato un portavoce dell'azienda fondata da Daniel Ek. "Vogliamo aiutare gli artisti a entrare in contatto con i loro fan, a scoprire nuovo pubblico, ad accrescere la loro fan base e a guadagnarsi da vivere con la musica che noi tutti amiamo. Al momento siamo ancora agli stadi iniziali di un progetto a lungo termine che sta già avendo un effetto enormemente positivo sugli artisti e sulla nuova musica. Abbiamo già versato 500 milioni di dollari ai detentori dei diritti e per la fine del 2013 questa cifra salirà a un miliardo. Molto di questo denaro viene reinvestito nello sviluppo di nuovi talenti e nella produzione di nuova musica". "Siamo impegnati al 100 % a rendere Spotify un servizio musicale il più artist-friendly possibile e discutiamo costantemente con artisti e manager su come poter contribuire a sviluppare le loro carriere", ha concluso il portavoce. Sempre via Twitter, Yorke ha intanto risposto anche alle critiche avanzate dal produttore Stephen Street riguardo all'atteggiamento che i Radiohead hanno tenuto nei riguardi della musica digitale sin dal momento della pubblicazione di "In rainbows" con il sistema del download a libera offerta: "Per me 'In raibows' è stata una dichiarazione di fede. La gente attribuisce ancora valore alla nuova musica e questo è ciò che tutti noi desidereremmo da Spotify: non fate di noi il bersaglio".