Google, Microsoft, Yahoo!, AOL e Condé Nast - come dire i colossi di Internet, del software e dell'editoria - figurano tra le società che hanno deciso di darsi un codice di autoregolamentazione per porre un freno alla proliferazione di inserzioni pubblicitarie sui siti pirata, venendo (parzialmente) incontro alle richieste delle industrie del copyright e dello stesso governo americano che ha lodato pubblicamente la loro iniziativa (la Casa Bianca aveva tentato qualcosa di simile con il progetto di legge SOPA, Stop Online Piracy Act, poi affogato tra polemiche e accuse di incostituzionalità). Ognuna delle aziende aderenti all'iniziativa seguirà una procedura standardizzata che, in modo analogo a quanto avviene con il meccanismo del Copyright Alert System, affiderà ai detentori dei diritti il compito di segnalare la presenza di pubblicità su siti ritenuti illegali: ricevuta la notifica, Google e le altre società provvederanno a verificare la fondatezza delle accuse dando al sito incriminato la possibilità di difendersi prima di decidere se intervenire o meno. "Oltre a formulare offerte legali, innovative e convenienti di contenuti (come Google Play e YouTube, attraverso le quali i nostri partner generano complessivamente centinaia di milioni di dollari di fatturato) continuiamo a sviluppare soluzioni finalizzate alla lotta alla pirateria e alla contraffazione online", recita un comunicato diramato dai quartieri generali di Mountain View. "Crediamo che uno dei modi più efficaci di farlo sia di tagliare gli approvvigionamenti di denaro ai siti canaglia". Prudente e attendista, invece, la reazione delle maggiori organizzazioni di categoria: mentre la Motion Picture Association of America (MPAA) valuta troppo limitato il coinvolgimento degli attori in gioco (inserzionisti, agenzie pubblicitarie, Internet Service Provider, ecc.) e troppo oneroso l'impegno affidato ai detentori dei copyright, il presidente e amministratore delegato della Recording Industry Association of America (RIAA) Cary Sherman ha osservato che queste " 'buone norme' sono un altro passo avanti nei nostri sforzi congiunti di servire il consumatore e prevenire l'attività illegale". "Il vero test", ha però aggiunto, "arriverà nel momento in cui queste pratiche verranno implementate e se avranno un impatto dimostrabile. Monitoreremo da vicino la situazione".