Gli attacchi sui mezzi di informazione e le citazioni in tribunale sono una manna per i servizi di file sharing gratuito che operano fuori controllo dell’industria musicale e cinematografica. Lo sostiene provocatoriamente Wayne Rosso, presidente di Grokster, uno dei tre “cloni” di Napster che produttori discografici e studios hollywoodiani stanno cercando con tutti i mezzi disponibili di far chiudere ritenendoli responsabili di ripetute violazioni dei copyright e della conseguente erosione dei loro profitti (gli altri nemici pubblici numeri uno delle major dell’intrattenimento, vedi News, sono KaZaA e Morpheus). <br> Ad una platea di addetti ai lavori convenuta la settimana scorsa a Londra per la Media and Broadcasting Conference, Rosso ha spiegato che ogni crociata pubblica lanciata contro il suo servizio si risolve in un afflusso in rete di nuovi curiosi che finiscono per diventare, in buona parte, utenti abituali dei suoi programmi di condivisione file. “Ogni mese accedono al nostro network circa 10 milioni di utenti nel mondo: il che apre un ampio ventaglio di opportunità per commercializzare beni e servizi ad un pubblico di massa motivato e dotato di buone disponibilità economiche”, ha detto il boss di Grokster, aggiungendo che l’incremento dei contatti e della visibilità pubblica hanno prodotto un’impennata di investimenti pubblicitari da parte degli inserzionisti più vari: aziende del settore delle telecomunicazioni (AT&T Wireless), dell’informatica (Dell), della cosmetica (Lancome di L’Oreal) e di tanti altri comparti industriali. Le parole di Rosso smentirebbero la credenza comune secondo cui sono gli studenti di college e i giovanissimi i più assidui frequentatori dei siti di file sharing: secondo una recente ricerca da lui commissionata, oltre il 70 % degli utenti di Grokster sono di età compresa tra i 25 e i 54 anni, il 53 % è laureato e molti beneficiano di stipendi piuttosto elevati. <br> Interpellato dai suoi interlocutori, l’imprenditore americano si è difeso dalle accuse di pirateria e non ha mancato di dire la sua su MusicNet e Pressplay, i servizi di download in abbonamento promossi dalle major. “I consumatori”, secondo Rosso, “si abboneranno ai servizi di download se avranno un prezzo ragionevole, se lo scaricamento avverrà in ambiente sicuro e protetto da virus e se la selezione musicale disponibile verrà allargata. Continuando a negare le licenze per la diffusione della musica su Internet ad una molteplicità di operatori, l’industria discografica sta bloccando da sola la crescita dell’e-commerce”.