Più di dodici anni fa, la holding francese Vivendi (che controlla Universal Music, l'azienda leader del mercato discografico mondiale) stupiì molti addetti ai lavori acquistando il controverso sito Mp3.com dal suo fondatore Michael Robertson per poco meno di 400 milioni di dollari (era la vigilia della "bolla" delle Internet companies). Due anni dopo la società transalpina, incapace di far fruttare il suo rischioso investimento, vendette gli asset a CNET, parte del gruppo CBS Interactive che ora - in un curioso tentativo di chiusura del cerchio - ha riproposto l'acquisto del dominio allo stesso Robertson anche se nel frattempo la cifra richiesta è lievitata a diversi milioni di dollari. "Presumibilmente la CBS mi ha chiamato chiedendomi se avrei voluto comprare MP3.com in quanto fondatore e amministratore delegato del sito originale, con l'intenzione di prevenire un'asta", ha spiegato l'imprenditore americano sul suo blog aggiungendo subito di avere declinato l'offerta. "Non c'è dubbio che si tratti di un nome storico e memorabile, e molte persone sono convinte che l'unica cosa che conti per lanciare un'impresa di successo sia assicurarsi un dominio dal nome desiderabile. Beh, si sbagliano", ha spiegato Robertson, che dopo avere battagliato a lungo con le case discografiche (alla piattaforma di file sharing utilizzata soprattutto da artisti indipendenti si affiancava un sistema di streaming ante litteram, MyMP3.com, che consentiva agli utenti registrati di copiare online la propria collezione di dischi per ascoltarla dal computer) negli anni seguenti non è certo rimasto con le mani in mano anche se nessuna delle sue creature successive ha destato altrettanto scalpore: dopo avere lanciato le sue "cassaforti digitali" ha ideato e messo sul mercato iniziative come MP3tunes (un sistema di cloud computing musicale anch'esso fortemente osteggiato dall'industria discografica), Dar.fm (un "registratore" di programmi radiofonici) e, più recentemente, UberStations, una guida interattiva all'ascolto delle emittenti online.