Povero festival. Non è Alexia né Alex Britti, e neppure Sergio Cammariere (che pure ha i suoi buoni motivi di festeggiare) il trionfatore della settimana post-sanremese. Il premio più ambito (numero uno nelle vendite) se lo aggiudica inaspettatamente Eric Lévi in arte ERA, versatile musicista francese popolarissimo in patria (e all'estero): ma da noi, fino a ieri, praticamente sconosciuto. <br> Il suo terzo album “The mass” è stato distribuito in quasi 40 mila copie nei negozi italiani, lasciandosi a debita distanza i campioni sanremesi, snobbati dagli acquirenti di dischi anche perché massacrati dal downloading selvaggio (è di queste ore la notizia della chiusura di un sito Web che permetteva di scaricare a pagamento i pezzi del festival). E la sua posizione in vetta alla classifica (almeno in quella della Nielsen), mai raggiunta prima da un'etichetta classica (la Universal Classics), ha lasciato di stucco molti, provocando presumibilmente più di un imbarazzo tra i colleghi della casa discografica che speravano di celebrare i successi dei loro blasonati artisti “pop”. <br> Pop in senso lato, o meglio crossover, come si dice in gergo per indicare quello stile che sta al confine tra "colto" e leggero, è anche la musica di ERA, un mix a tinte forti di canto gregoriano, atmosfere gotiche e dance beat che qualcuno ha paragonato ad antesignani del genere come gli Enigma. Lui, Lévi, non è certo il primo venuto: l'esordio risale al '77, in piena bufera punk, con il gruppo rock Shakin' Street che trovò cittadinanza a Londra e poi negli USA; e nel curriculum, prima del colpaccio messo a segno con il primo album sotto la sigla ERA, nel 1998 (5 milioni di copie vendute), ci sono collaborazioni di prestigio (Marianne Faithfull) e colonne sonore per numerose pellicole cinematografiche che gli sono tornate utili nel prosieguo della carriera solista. <br> “C'era da stupirsi che non avesse avuto successo fino ad oggi: il prodotto è di qualità ma anche accattivante, adatto a raccogliere un pubblico di massa” secondo Mirko Gratton, direttore della divisione classica e jazz di Universal che pubblica l'album in Italia. La casa discografica, e Gratton per primo, hanno il merito di averci creduto, orchestrando una campagna pubblicitaria sulle reti Mediaset proprio durante la settimana di Sanremo (quando le tariffe, presumibilmente, calano per la concorrenza del festival…). “Abbiamo fatto pubblicità su Italia 1”, racconta Gratton, “e cioè proprio sull'emittente a orientamento più giovanile tra le reti generaliste italiane: eravamo convinti che un disco come questo potesse avere un appeal intergenerazionale, al di là del pubblico adulto di cui sempre si finisce per parlare in questi casi”. Anche le radio hanno fatto la loro parte, inserendo in playlist il pezzo che intitola l'album: RTL 102.5 per prima, gli altri a ruota. C'è spazio per ambizioni maggiori, a questo punto: “Nulla ci vieta di pensare al traguardo delle 100 mila copie”, dice Gratton. <br> Dopo anni di grandi numeri e di dominio incontrastato dei soliti noti, l'effetto è straniante e persino un po' surreale. I protagonisti, oggi, cambiano di continuo: Ben Harper, ERA e chissà chi, prossimamente. Sembra proprio che il pubblico – quella fetta che ancora non smanetta su Internet o contratta con gli ambulanti agli angoli delle strade per soddisfare la sua voglia di musica – ci abbia preso gusto, a stravolgere i pronostici.