Circolano tra gli addetti ai lavori i dati Audiradio per il primo “ciclo” 2003 (periodo compreso tra l’11 gennaio e il 21 marzo scorso): e al di là del rafforzamento del primato di Radio DeeJay tra le private (5 milioni e 354 mila ascoltatori nel giorno medio, + 5,52 % rispetto all’ultima tranche del 2002) e delle performance in crescita di altre emittenti (Radio 105, Kiss Kiss, Radio 24), ad attirare l’attenzione sono soprattutto i forti incrementi registrati da Radio Italia Solo Musica Italiana (+ 6,25 %, 4 milioni e 81mila ascoltatori nel giorno medio e terzo posto assoluto) e Lattemiele (+ 7,93 %, 2 milioni e 110mila ascoltatori), roccaforti della musica made in Italy. Effetto-Sanremo? Consolidamento di un circolo virtuoso tra popolarità crescente, sulla scena musicale, degli artisti autoctoni e “format” che puntano tutto sulla produzione nazionale? O invece conseguenza di fenomeni contingenti, di alchimie statistiche o ancora di scelte legate alla programmazione non solo musicale? <br> I beneficiati dall’indagine sono i primi a gettare acqua sul fuoco. Nessuna rivoluzione in vista, a loro dire: “No, ormai la situazione si è stabilizzata, e tale resterà per almeno un altro anno ancora” sostiene Mario Volanti, presidente di Radio Italia. “C’è una radio leader, DeeJay, e c’è un gruppo di inseguitori che include noi, RTL 102.5 e RDS, tutti assestati intorno ai 4 milioni di ascoltatori. Poi, con 105 isolata tra i due blocchi, si arriva alle radio che raccolgono due milioni a testa: questo da un paio d’anni è lo scenario, e a smuoverlo non sono valsi investimenti anche importanti, acquisizioni aziendali né il lancio di nuovi programmi”. Anche Franco Mignani, fondatore di Lattemiele, non si abbandona ai trionfalismi: “Non è il caso. Siamo in media con i trend annuali, se si bilanciano le oscillazioni di un bimestre con quello successivo. C’è da tener conto che è aumentato l’ascolto globale delle radio,e vanno considerati gli errori statistici che possono condizionare i risultati tra un ciclo e l’altro. Non ne trarrei conseguenze su un interesse crescente per la musica italiana da parte del pubblico. Sanremo, per esempio, non aiuta affatto: sono due anni che non ci andiamo perché non crediamo più nell’efficacia della manifestazione, e in radio trasmettiamo solo qualcuna delle canzoni”. <br> Il repertorio festivaliero è invece un ingrediente importante della “dieta” musicale di Radio Italia. “Non credo però che questo c’entri con i risultati del bimestre, è ancora troppo presto”, riflette Volanti. “Il ciclo include solo la settimana del festival, quando tutta l’attenzione è focalizzata sulla televisione e non sulla radio. Come abbiamo fatto a conquistare il nostro pubblico? Evidentemente la scelta fatta 21 anni fa di puntare sulla musica italiana paga. E poi la radio è cambiata molto, negli ultimi dieci anni: allora avevamo in staff tre giornalisti-conduttori, oggi i nostri microfoni ospitano ogni giorno personaggi popolari come Fausto Terenzi, Fiorella Pierobon, Susanna Messaggio, Patrizia Rossetti, Emanuela Folliero. E poi interviste, rubriche di spettacoli e molto altro ancora.”. Mentre Lattemiele punta sugli “oldies”: “Ancora oggi il nostro pubblico vuole ‘Albachiara’ di Vasco Rossi e ‘Diamante’ di Zucchero. Buon per noi che la nostra programmazione è legata al 90 % ai classici della musica italiana. E’ difficile affezionarsi a quella di adesso, perché di interessante in giro c’è davvero poco”. <br> L’ultimo Sanremo, latitante nelle classifiche dei dischi più venduti, sembrerebbe dimostrarlo. Ma Volanti è più ottimista: “E’ vero che gli ultimi anni non hanno proposto grandi novità, ma Tiromancino, Niccolò Fabi o Cammariere stanno ad indicare che la nostra musica sta cambiando. Poi c’è il fatto, ormai consolidato, che ascolto radiofonico e acquisto discografico seguono binari diversi: due anni fa Valeria Rossi e Neffa in radio li hanno ascoltati tutti, ma i loro album non hanno venduto. Entrano evidentemente in gioco meccanismi diversi”. <br> Ma che ne pensano, i portabandiera del made in Italy, del progetto di legge che prevede l’introduzione di quote “protette” per la musica italiana in radio? “E un’idiozia”, taglia corto Volanti. “La nostra associazione, RNA, ha condotto uno studio da cui risulta che già oggi la percentuale di musica italiana programmata dalle radio nazionali è nettamente superiore a quella prevista dal progetto di legge. Bisogna guardare al panorama complessivo, non a quello che fa la singola emittente”. “Il problema”, fa eco Mignani, “non è quello ma piuttosto la scarsa qualità della produzione e la mancanza di talent scout capaci. La discografia dovrebbe investire sul futuro, non aspettare che sia un provvedimento di legge a tenerla in piedi. E poi, se la musica continua a essere scadente il problema non si risolve: la gente i dischi non li compra”.