A colpi di scoop sensazionalistici, il New York Post ha subito replicato al Los Angeles Times, il primo organo di stampa a riportare la notizia (poi confermata da altre fonti ufficiose) di un interessamento della Apple Computer all'acquisto di Universal Music, oggi di proprietà della francese Vivendi (vedi News). <br> Il tabloid newyorkese di Rupert Murdoch riferisce infatti che anche l'acerrimo rivale di Apple, la Microsoft di Bill Gates, si sarebbe fatta avanti con la dirigenza Universal per discutere della stessa eventualità, anche se il quotidiano ammette che le trattative sono meno avanzate di quelle in corso con la società di Steve Jobs. Quest'ultimo, da parte sua, avrebbe già coinvolto nel suo progetto finanziatori importanti come Thomas H. Lee Partners, Kohlberg Kravis Roberts & Co. e Blackstone Group, ma anche lui deve ancora formulare una proposta concreta da sottoporre al cda di Vivendi (si parla di un'offerta compresa tra i 5 e i 6 miliardi di dollari, vedi News). <br> L'avvicinamento dei due giganti dell'informatica al mondo musicale è intanto accolto con entusiasmo da molti addetti ai lavori, che vi scorgono un segnale positivo per la futura evoluzione dei download a pagamento e del mercato musicale digitale. “E' fantastico che qualcuno come Steve Jobs, universalmente considerato un visionario e un uomo proiettato nel futuro, dimostri un interesse genuino nella musica come forma di investimento proprio nel momento in cui tutti scappano spaventati dal business musicale”, ha dichiarato al New York Post un anonimo dirigente discografico. Ma non tutti sono d'accordo con questa valutazione: Wall Street, per esempio, ha reagito male alla notizia, facendo crollare – venerdì scorso (11 aprile) – le quotazioni della società di Cupertino. E in una nota ai suoi clienti, l'analista di Merrill Lynch Michael Hillmeyer ha osservato che se è vero che la Apple potrebbe ricavare introiti aggiuntivi dalla vendita di musica on-line, la società non avrebbe bisogno di possedere una casa discografica per raggiungere lo scopo. “Tra una società musicale e una ditta di computer – ha concluso Hillmeyer – non sembrano oggi sussistere sinergie, neppure se quest'ultima è innovativa come la Apple”.