E’ atteso per fine mese (data probabile: il 28 aprile) il lancio ufficiale del nuovo, chiacchieratissimo servizio di musica digitale a pagamento allestito da Apple Computer (vedi News), e che gli addetti ai lavori – quelli che hanno già avuto modo di sperimentarlo, almeno – considerano un passo sostanziale in avanti rispetto ai sistemi “legittimi” di downloading musicale da tempo in circolazione come MusicNet, Pressplay o Rhapsody (appena acquistata da RealNetworks, vedi News). <br> L'azienda di Steve Jobs, che in questi giorni è sulla bocca di tutti per il presunto interessamento all’acquisto di Universal Music (vedi News), sembra in grado di sfoderare un’alternativa più aggressiva nei confronti dei servizi di file sharing gratuito che da anni prosperano sull’eredità lasciata dal defunto (o quasi) Napster. Si sa ancora abbastanza poco, per la verità, sulle caratteristiche dell’offerta Apple, che come sua tradizione sta cercando di tenere blindate fino all’ultimo le informazioni: a parte il fatto che il catalogo di partenza includerà repertorio fornito da tutte le cinque major, che i brani potranno essere acquistati singolarmente (come si dice, “alla carta”: mentre servizi concorrenti come MusicNet e Pressplay funzionano con il sistema dell’abbonamento) anche per meno di un dollaro a testa; e che il sistema, utilizzando il software di Apple iTunes, consentirà il trasferimento dei file pagati e scaricati dall’utente sugli iPod, i popolari lettori MP3 commercializzati dalla casa californiana. I discografici che hanno assistito alle prime dimostrazioni parlano anche, con soddisfazione, di grande semplicità d’uso: l’unico limite emerso finora è che il servizio sarà inizialmente destinato ai soli clienti Mac, che rappresentano meno del 3 % degli utenti di computer nel mondo, anche se ci si aspetta che venga successivamente approntata una versione Windows della piattaforma. D’altronde, ha spiegato a mezza voce un dirigente discografico all’agenzia Reuters, è stato proprio il limitato raggio d’azione di Apple a convincere l’industria ad appoggiare in blocco l’iniziativa, senza dover per questo temere uno scippo digitale su larga scala dei suoi prodotti più preziosi. Intanto l’attesa è grande: “Questo è esattamente il sistema che avrebbe dovuto esistere cinque anni fa”, ha dichiarato (sempre alla Reuters) un altro esponente della discografia USA. Ma ora non sarà troppo tardi?