Solo 13 negozianti su 100, negli USA, hanno venduto più dischi nel 2002 rispetto a quanto avevano fatto due anni prima: lo rivela una ricerca appena pubblicata dall’associazione locale di categoria, National Association of Recording Merchandisers (NARM), che utilizza i dati raccolti attraverso il monitoraggio elettronico di Nielsen/Soundscan, lo stesso che viene impiegato per stilare le classifiche ufficiali di vendita. <br> I motivi della flessione, spiegati dal presidente dell’organizzazione Pam Horowitz, sono quelli che ci si potrebbe aspettare: “un’economia debole, il downloading illegale, la masterizzazione casalinga e l’evoluzione lenta di alternative legali di vendita on-line”; tanto più che nel frattempo le vendite di CD-R, negli stessi esercizi commerciali, hanno superato quelle dei nastri vergini audio e video, totalizzando 178 milioni di dollari di fatturato contro 131 (un serpente che si morde la coda, visto che sono proprio i supporti vergini a rubare spazio alla musica preregistrata). Il prodotto più importante, in termini di fatturato, per i negozi indipendenti e le catene incluse nell’indagine (circa l’80 % del totale delle imprese del settore che operano negli USA) è rappresentato dall’hardware audio e video (10,04 miliardi di dollari); in crescita continua il DVD, che nel 2002 ha portato nelle casse dei rivenditori americani 2,69 miliardi di dollari.