Alle reprimende che le maggiori associazioni di categoria dell'industria discografica e cinematografica rivolgono sistematicamente a Google, colpevole di fare troppo poco per filtrare e bloccare siti, link e contenuti "pirata" cui i consumatori accedono attraverso il suo motore di ricerca, si aggiungono ora le gravi accuse formulate dal ministero inglese della Cultura, dei Media e dello Sport. Nel redigere un rapporto sul sostegno economico ai settori creativi, una commissione ristretta del dicastero ha infatti voluto "condannare con forza il fallimento di Google, nome di punta tra le società tecnologiche, nel fornire una risposta adeguata alle industrie creative che le chiedono di evitare che il suo motore di ricerca indirizzi i consumatori verso siti Web che violano i copyright". "Non ci convince la sua evidente riluttanza a bloccare i siti pirata sulla base dell'inconsistente teoria che alcuni di essi amministrano anche alcuni contenuti legali", prosegue il documento. "La continua promozione di contenuti illegali su Internet da parte dei motori di ricerca è inaccettabile. Finora i loro tentativi di porre rimedio a questa situazione sono stati ridicolmente inefficaci". La commissione ministeriale spiega di non credere che "vada oltre l'intelligenza dei tecnici impiegati da Google e di altri addetti la possibilità di declassificare e, possibilmente, rimuovere il materiale che viola i copyright dai risultati del motore di ricerca. Google coopera con le forze dell'ordine per bloccare i contenuti pedo-pornografici e non ha fornito una risposta coerente e responsabile a chi si chiede perché non possa fare altrettanto per i siti che evidentemente, e illegalmente, offrono contenuti piratati". I funzionari governativi ricordano anche che a dispetto delle modifiche apportate all'algoritmo di Google i risultati non sono sostanzialmente cambiati, dal momento che una ricerca effettuata digitando nome di un artista, titolo di una canzone e la parola mp3 indirizza ancora per il 61 % a siti illegali (contro il 63 % rilevato prima della modifica). La stessa commissione ha raccomandato al governo di estendere da 2 a 10 anni il periodo massimo di detenzione in carcere per chi si renda colpevole di forme particolarmente gravi di pirateria online, così come avviene in caso di furto di copyright nel mondo "offline".