Neppure gli inglesi, che fino a due anni fa potevano permettersi di guardare dall’alto il resto del mondo, riescono ormai a salvarsi dal naufragio generalizzato del music business internazionale. I primi tre mesi del 2003, secondo i dati appena diffusi dalla British Phonographic Industry (BPI), non portano infatti buone nuove per la discografia d’Albione, la più potente d’Europa: sotto il peso di un’economia che non accenna a riprendersi e di prezzi dei CD al ribasso per contrastare la concorrenza di altri prodotti, legali e non (pirateria e downloading non autorizzato), il fatturato industriale dell’industria britannica (216 milioni di sterline) è crollato del 13 % rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Non è bastato dunque il traino di nuove star come Justin Timberlake e Norah Jones (titolari dei due best seller del periodo) a invertire la brutta piega, confermata da una caduta del 5 % in numero di pezzi venduti, dal calo consistente dei CD album (-9,3 % in valore) e dal vero e proprio crollo dei singoli (-43 %) legato anche alla (evidentemente pocp efficace) politica di sconti selvaggi decisa dalle case discografiche. Gli esperti si consolano ricordando che, grazie ad alcune compilation di successo e all’impatto dello show televisivo “Pop idol”, il primo scorcio del 2002 era stato un periodo felice per l’industria. Ma intanto si guarda con grande preoccupazione all’impennata del commercio illegale (+ 81 %) e all’esplosione della masterizzazione casalinga: già l’anno prossimo, avvertono gli analisti, il numero dei CD duplicati in casa potrebbe superare quello dei prodotti acquistati nei negozi.