A pochi giorni di distanza da Universal, anche la major britannica alza il velo sul suo bilancio annuale. Senza destare, lei pure, grosse sorprese: al 31 marzo, la EMI ha incassato l'atteso aumento dei profitti (177,3 milioni di sterline, 248 milioni di euro, prima delle tasse: inferiore comunque alle previsioni degli analisti, che si assestavano tra i 180 e i 185,5 milioni di sterline) ma anche un ulteriore crollo del fatturato (- 11 %, 2, 175 miliardi di sterline) legato alle note condizioni in cui versa il mercato discografico mondiale. <br> La debuttante Norah Jones (13 milioni di copie vendute con l'album “Come away with me”) si è aggiudicata a sorpresa il best seller dell'anno, davanti a Coldplay e Robbie Williams (6 milioni di copie a testa) e ai Rolling Stones (5 milioni di copie con il doppio greatest hits "40 licks"). Non sono bastati però ad invertire un trend al ribasso che, nelle aspettative del presidente della società Eric Nicoli, proseguirà anche nei prossimi dodici mesi, sia pure in misura inferiore a quella del 2002.<br> La EMI, che occupa il terzo posto al mondo per quota di mercato, è riuscita a controbilanciare il calo delle entrate discografiche mettendo in atto, come tutte le sue principali concorrenti, un rigoroso piano di riduzione dei costi di esercizio (vedi News). E negli USA, dopo cinque anni consecutivi in perdita, la major è finalmente riuscita a raddrizzare la situazione, migliorando del 12 % il margine operativo. La cura ferrea imposta dalla coppia Alain Levy-David Munns ha avuto però il suo rovescio della medaglia: in un anno o poco più la EMI ha lasciato a casa 1900 dipendenti e ha “liquidato” 400 degli artisti che aveva sotto contratto nel mondo.