Sembra passata un'eternità (e invece sono soltanto poco più di tre anni, vedi News) da quando, in un tripudio di titoloni e di frenesia mediatica, venne annunciato il “matrimonio del secolo” tra l'internet provider America Online e il gruppo mediatico Time Warner, il connubio tra “contenitore” e “contenuti” destinato a segnare una strada maestra per la nascente società dell'informazione digitale. <br> Stando alle confidenze che due dirigenti “senior” dell'azienda hanno fatto al New York Times, ora persino l'artefice primo di quella fusione, Steve Case, avrebbe cominciato ad ammettere privatamente che la vendita di AOL può rappresentare, a questo punto, una scelta logica per Time Warner. Se così fosse (Case non conferma), si tratterebbe di una clamorosa marcia indietro rispetto al tenore delle sue dichiarazioni pubbliche precedenti, tutte improntate ad una strenua difesa del progetto da lui architettato. America Online, nelle intenzioni di Case e dei dirigenti di Time Warner, avrebbe dovuto diventare il motore trainante del nuovo complesso societario, ma ha invece cominciato a perdere progressivamente colpi in seguito alla flessione delle inserzioni pubblicitarie e al calo di domanda per le sue offerte di connessione a Internet, risultando la principale responsabile del suo flop in Borsa (vedi News). <br> Non è detto che le parole di Case, se effettivamente pronunciate, significhino un segnale preciso circa gli orientamenti del management aziendale, ora che l'ex presidente di AOL Time Warnr è in pratica estromesso dalla stanza dei bottoni. Abbinate alle voci che danno per probabile un “merger” della casa discografica Warner Music con una delle sue concorrenti (la principale candidata è BMG, vedi News), le sue dichiarazioni alimentano comunque il clima di incertezza che aleggia sul futuro dell'enorme conglomerato industriale.